Bibliografia Vichiana II

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APPENDICE

farmi difetto. Pertanto, allorché cominciai a tradurre in atto il mio disegno, alla « breve esegesi », che era stato lo scopo primitivo delle m ie nuove ricerche, venni, quasi inconsapevolmente, a sostituirne un altro, che non poteva conciliarsi 'troppo con la brevità : quello di «lessare il Vico col Vico, chiarendo i punti che presentassero oscurità 0 lacune attraverso il riferimento integrale o per riassunto di quelli correlativi del Diritto universale e della Scienza nuova prima . nei quali 1 medesimi concetti venissero svolli meno aggrovigliatamente o più ampiamente. Ma nemmeno questo poteva essere l’ultimo passo nella via pericolosa per la quale m’ ero incamminato. E invero accadeva assai spesso che il Diritto universale e la Scienza nuova prima erano toto caelo diversi tra loro e dalla Scienza nuova ultima. Ponendo, dunque, a raffronto i tre testi, si era in grado di fornire la storia del successivo sviluppo dei singoli concetti vichiani, dal momento in cui, ancora vaghi e indeterminati, apparivano per la prima volta all’altro in cui trovavano alfine svolgimento pieno. E, oltre ciò, i pentimenti, i tentennamenti, le idee esposte una volta sola e poi abbandonate, gli svolgimenti particolari di questa o quella teoria dati nel Diritto universale o nella Scienza nuova prima e soppressi nella redazione definitiva dell’ opera... Dio ! quale tentazione ! E come e dove trovare la forza di resistere, io che avevo ceduto già tante volle? Cedei un’altra volta ancora, e anche su codesto ordine di ricerche mi gettai a corpo perduto con intemperanza pari al mio crescente entusiasmo pel Vico. Quel po’ di visione dell’insieme o di prospettiva, che m’era restala, scomparve anch’essa del tulio, e non c’era più periodo, frase o parola del testo vicinano che non mi sembrasse nel tempo stesso importante e oscura; non più idea o sfumatura d’idea, di cui non mi credessi in dovere di fare una storia tanto lunga, minuta e particolareggiata quanto, se non inutile affatto, non necessaria. Ormai l’indole del mio divisato « commento filologico » era snaturata del tutto, e anche quel poco che in esso restava di veramente tale non mi soddisfaceva più. E, per quanto l’avere allargato tanto i confini del mio lavoro mi rendesse assai più aspra la fatica, questa sembrava al mio feticismo vicinano ancora troppo lieve. Indicare le fonti della Scienza nuova, quando esse sieno evidenti ? Ma codesta è troppo poca cosa. Indicarle sempre conviene, sia pure mediante una lunga serie di congetture. E poi perché non mettere in rilievo il merito delle singole scoperte vichiane, additando, da un lato, in quale stato si trovavano ai suoi tempi le questioni, grosse o piccine, eh’ egli prese a trattare, e, dall’altro, la soluzione, spesso conforme alla sua, che hanno data a esse gli studi odierni ? E ancora, perché limitarsi a segnalare gli errori di erudizione commessi dal Vico, e non tentare d’indagare, magari congetturalmente, in virtù di quale associazione o confusione d’ idee egli potè giungere ad asserire per vero ciò che invece era falso? La sola parola « congettura », che ricorreva ben due volte in questi altri perfidi consigli del mio cattivo genio, avrebbe dovuto mettermi in guardia e farmi riflettere in quale altro ginepraio di lungherie mi venivo volontariamente a cacciare. Macché ! l’ubbriacatura vichiana, che m aveva invaso, m aveva posto anche una benda sugli occhi, la quale mi faceva vedere tutto falso. Ormai 1' ovvio, il semplice, il facile non