Genti d'arme della Repubblica di Venezia

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Il conte Fulvio I, comecché guerriero e cresciuto ni mezzo a Ile armi, era tuttavia amorosissimo capo di famiglia e la soavità degli affetti suoi maritali e paterni sprigionano del continuo dai molti fascicoli delle sue note private. Amava lasciar ricordo di ciò che gli occorreva giornalmente; te sue osservazioni e memorie non costituiscono un vero e proprio diario, accompagnano le spese e i conti di casa. In uno di tali quaderni ci vien fatto di leggere; « 1610 - Spese che facio ad andar alla guernigion de Verona. E quando vi andai lasciai la consorte mia con la febbre , Ottavio con la febbre et Egidio di (pèndici giorni nato , senza battesimo: con quanto dolor Iddio lo sa, ma chi serve il Principe così deve far ». In tal modo conciliava Fulvio il vecchio i doveri di padre con quelli di condottiero e mostra anche in questa semplice nota la grande devozione che serbava al serenissimo dominio, dal quale veniva ricompensato, se non con vistosi stipendi, certo con molta stima e ne fanno tede le lettere che si conservano nell’archivio di famiglia, nello quali il senato si rivolge al conte Porcia ricercandolo del suo parere e di consiglio anche por questioni di alta importanze, come ad esempio, quella della riforma della milizia. Già fin dalla metà del secolo XVI erano apparsi i segni di decadenza delle bande di genti d’arme; i savi nelle loro relazioni accennavano spesso a disordini verificatisi nel passar le rassegne, deplorando non solo la