Bibliografia Vichiana I
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ROMAGNOSI
vichìano a vent’anni, ossia intorno al 1781, racconta egli stesso in un articolo che, col titolo Osservazioni sulla « Scienza nuova », fu composto nel 1821, inserito n eW Ape letteraria del 1832 e ristampato poi più volte. E poiché aveva citato sovente il Diritto universale e chiamato il Nostro « celebre » in altro scritto, che, lavorato tra il 1789 e il 1790 col titolo Della legislazione civile in relazione al perfezionamento umano e tutto impregnato d’idee vicinane, fu pubblicato postumo, si può concludere che egli avesse rivolto l’attenzione al Vico prima ancora dell’esodo dei patrioti napoletani in terra lombarda. Dalle sue parole non s’intende bene se altre letture della Scienza nuova fossero intercedute tra questa, ora mentovata, degli anni giovanili e quella che il Romagnosi stesso informa d’avere compiuta nel luglio del 1821. £ un fatto, per altro, che, lungo quel quarantennio, egli s’era messo, per dire così, col maggiore impegno a precludersi l’intelligenza, come della grandezza, così del pensiero stesso dell’autore della Scienza nuova. Anzitutto s’era infatuato a un punto tale d’un filosofo di quart’ordine, quale era stato lo Stellini, da non riuscire più, come s’è visto (pp. 243-44) e si vedrà ancora, a mentovare 1’ autore della Scienza nuova senza porgli fastidiosamente accanto, talora alla pari, qualche volta anche un gradino più sù, quello del De ortu et progressu morum. E, d’altra parte, in lui s’era andata maturando, intorno all’ incivilimento del genere umano, una teoria che gli sembrava nuova e originale, ma che, nel suo fondamento intellettualistico, era talmente vecchia e oltrepassata che la si trova già confutata proprio nella Scienza nuova. Si pensi che, a suo dire, l’incivilimento si sarebbe attuato non, secondo voleva il Vico, autoctonamente presso ciascun popolo in virtù d'uno svolgimento intrinseco, e quindi non meno spontaneo che necessario (« rebus ipsis dictantibus »), bensì ab extra, ossia per opera d’un singolo popolo inventore 0 maestro, al quale, a sua volta, la civiltà sarebbe stata elargita dai cosiddetti « tesmofori », ossia da uomini di governo, 1 quali—ricchi di sapienza non già, come aveva insegnato il Vico e perfettamente inteso Giuseppe de Maistre (v. sopra p. 361), poetica o volgare (vale a dire d’intuitivo senno pratico), bensì riposta o intellettualistica, e possessori, quindi, dei principi fondamentali di tutte le scienze, dopo avere formolato, con piena consapevolezza, il programma d’ incivilire il popolo da essi governato, avrebbero indagato con consapevo-