Bibliografia Vichiana II
573
E. E S. NELSON COLERIDGE - WORDSWORTH - MAURICE
vuta, allorché nel 1833 si fece ad apprestare la seconda edizione del suo volume, uscita, come s’è detto, nel 1834. Che intendesse condurre la sua versione sul testo originale italiano, appare dal fatto che si fece prestare dallo zio e portò con sé nel Devonshire i tre volumi della Scienza nuova, che il Coleridge a sua volta aveva avuti in prestito dal Prati (sopra p. 522). Ma anche a lui, come al Kenrick, 1’ italiano del Vico riuscì troppo difficile. Preferì dunque avvalersi della riduzione francese del Michelet, procurando di giustificarsi con ["interrogazione rettorica : « Chi mai potrebbe tradurre letteralmente questo curioso scrittore?». Comunque, nel rifare l’anzidetta seconda « introduction », cominciò la trattazione precisamente dal Vico, portandola sino al Wolf e ai successivi critici tedeschi (v. sopra pp. 395-400). Conoscitrice, quanto meno, del nome del Vico, ch’ella, per altro, poneva allo stesso grado d’uno Heyne e d’un Wolf, fu anche la figliuola del Coleridge e moglie del Nelson Coleridge, Sara (1802-52). Nel 1844, scrivendo al poeta Giovanni Kenyon (1784-1856) intorno ai poemi della sua amica Elisabetta Barrett (1809-61), si doleva che costei avesse spazzato via, « come pagliuole di grano, non solo uomini di genio quali uno Heyne, un Wolf e l’italiano Vico, ma altresì uomini della più squisita sensibilità poetica », i quali tanto in Inghilterra quanto in altri paesi s’erano convinti della poligenesi dei poemi omerici. Che codesti « uomini della più squisita sensibilità poetica » fossero tra gl’ inglesi Guglielmo Wordsworth (1770-1850), Roberto Southey (1774-1843) e Walter Scott (1771-1832), appare da altra epistola che nel 1850 ella scriveva al cugino Edoardo Coleridge. E certamente che codesto fosse il pensiero del Wordsworth avesse o non avesse egli, insieme con gli altri due, notizia diretta o indiretta del Vico, risulta da una sua lettera al Nelson Coleridge, nella quale, accusando ricezione della prima edizione delle Introductions,* aveva manifestato 1’ opinione che i libri dell’lliade non costituissero un poema unitario, che l’Odissea fosse dovuta a una mano o, più esattamente, a un’età diversa, e che la poesia omerica sia seconda soltanto a quella shakespeariana. Raccostamento, quest’ultimo, che, senza assegnazione di punti di merito all’una e all’altra poesia, era stato implicitamente fatto dal Nostro. Cfr. a codesto proposito Memoirs and letters of Sara Coleridge, edite dalla figlia Editta (New York, 1874), pp. 214 e 466; Letters of William and Doroly Wordsworth, edizione E. de Salincourt (1939), I, 506 : libri che si citano qui di seconda mano attraverso il mentovato articolo del Fisch. Quanto al raccostamento vicinano della poesia omerica a quella drammatica « inghilese », cioè appunto shakespeariana, della quale soltanto qualche confusa notizia cominciava a giungere in Italia a principio del secolo decimottavo, cfr. Croce, Filosofia di G. B. Vico 3 , p. 235. 4. G. F. Denison Maurice, R. Blakey, D. C. Heron, C. G. Bunsen. Discepolo del Coleridge, leader influente così del 36*