La critica e l'arte di Leonardo da Vinci
LA TRADIZIONE CRITICA SULL’ARTE DI LEONARDO ili
Coregio, et Titiano ». Anzi, come Michelangelo portò all’estremo il rilievo anatomico, «così Titiano... quando volea mostrare la parte del corpo, dove percuote la luce con maggior vehemenza, et forza, solea mescolarvi di color chiaro un poco più che non è la luce che volea rappresentare; et la dove la luce percuote riflessa, et offuscata, solea mescolarvi un poco più di colore oscuro... e quando le prime parti del corpo rilevano troppo, et le ultime fuggono assai in dentro, pare un rilievo miracoloso, il che da è la figura una furia mirabile » {1).
Ricordiamo : altrove (2) il Lomazzo aveva detto che i pittori solevano chiamare il moto furia. E ora, davanti alle accentuazioni di luce e d’ombra, portate all'eccesso per ragione di stile, chiama furia l’effetto luminoso. Alla conchiusione giunge la sua sensibilità di pittore quando è posta davanti alle estreme conseguenze dell’effetto di luce: la luce è moto. Vi giunge, è vero, quando parla di Tiziano e non di Leonardo, ma è pure notevole, è pure un lampo geniale d’intuizione critica, questo di avere unito l’effetto di luce di Leonardo con quello di Tiziano, e di avere opposto l’uno e l’altro al rilievo formale di Michelangelo.
Nè manca la conchiusione teorica : « Lume adunque è qualità senza corpo... Però che il corpo non in un momento, ma con tempo si muove; et un corpo non penetra l’altro senza dissipatione dell’uno, e de l’altro, o di ambedue » (3). La luce è movimento perenne, è fusione di masse, è qualità senza corpo. Non più dunque l’effetto di luce di Leonardo è interpretato a seconda del rilievo ottenuto, come giudicava il Vasari : il Lomazzo ha inteso il carattere cromatico, etereo, perennemente mobile del chiaroscuro vinciano, in opposizione
(1) Trattato, p. 26-28. (2) Trattato, pag. 108. (3) Trattato pag. 217.