Bibliografia Vichiana II
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COUSIN
francese. E si potrebbe continuare. Ma la verità è che il Cousin, pure intuendo all’ingrosso la grandezza del Vico, ne conobbe assai limitatamente il pensiero genuino. Che anzi, date le grandi simiglianze ideali tra il Vico e lo Hegel (v. sopra pp, 497-98), non è nemmeno da escludere che quelli, che potrebbero sembrare nel Cousin riecheggiamenti del primo, siano invece derivazioni dal secondo. Comunque, la prova migliore della scarsa intelligenza che il fondatore dell’eclettismo ebbe della Scienza nuova è esibita da un giudizio comparativo sul Bossuet, il Vico e lo Herder, recato neH’iindeeima lezione del suo corso di storia della filosofia tenuto alla Sorbona nel 1828. Il Discours del Bossuet insegnava tra 1’ altro il Cousin, com’è stato « le premier pas du génie de 1’ histoire », così non poteva essere l’ultimo. « La religion se mele aux grands actes de la vie, elle y intervieni comme sanction; mais elle n’ en fait pas la base. Leur base immédiate et directe, c’est la loi, c’est l’État ». Pertanto, come, nella considerazione filosofica della storia, « le point de vue théologique avait eu pour représentant un évéque, ainsi le point de vue politique devait avoir pour représentant un grand jurisconsulte. De là la nécessité de Vico » (il quale, sia ripetuto usque ad satietatem , era un giureconsulto non « grand », ma meno che mediocre, nel senso che, quantunque compisse scoperte mirabili anche nella storia del diritto, era negato, come confessa egli medesimo, alla giurisprudenza dommatica non meno che alla geometria). A codesta deminutio del Nostro a semplice scrittore politico fa séguito nella lezione cousiniana una caratterizzazione molto approssimativa della Scienza nuova ; caratterizzazione nella quale non ci s’imbatte se non in un’ osservazione sola degna di rilievo : « la religion dans Vico fait partie de l’État et de la société, tandis que dans Bossuet c’est l’État qui fait partie de la religion ». E a codesta caratterizzazione tiene dietro l’enunciazione di quelli che il Cousin riteneva difetti capitali dell’ opera vichiana. L’uno sarebbe la preponderanza data in essa all’elemento politico, « et l’omission presque complète de deux éléments, l’art et la philosophie » : asserzione gratuita, la quale mostra come il filosofo francese, al tempo stesso che non sospettava nemmeno che la Scienza nuova contiene soprattutto una filosofia dello spirito con particolare riguardo all’estetica, ignorava o dimenticava il valore immenso che, nella vita delle nazioni, il Vico aveva assegnato all’elemento poetico, cioè appunto all’arte. Secondo difetto sarebbe stato quello per cui il Nostro, nel suo vedere tra gli elementi della storia segnatamente quello politico, avrebbe tenuto presenti « surtout les époques où cet élément joue un róle important», e negletto i tempi « que domine en général la religion » : critica tanto più infondata in quanto il Nostro discorre piuttosto brevemente della politica « età degli uomini » o della « ragione tutta spiegata » e con ampiezza dieci volte maggiore della teocratica « età degli dèi » o barbarie così originaria come ricorsa. Fondata, per contrario, ma non nuova è la terza critica del Cousin : che il Vico, profondo nella storia di ciascun popolo, riesce « faible dans le développement progressi! de l’humanité»»