La critica e l'arte di Leonardo da Vinci

Peiri beige ann dii sa O

108 PARTE SECONDA

tuale, la considerazione del moto come di una funzione per-

manente e necessaria all’attività artistica — a guisa di furore

poetico — sono esplicite nel Lomazzo e convergono nell’e-

sempio degli esempi, in Leonardo, il quale non fa più i compiti

retorici immaginati dal Giraldi, ma trae rapidi schizzi dal vero |

per ottenere con la « vivacità naturale » il superamento della I

realtà. o Sarebbe d'altronde assai erroneo ritenere che il Lomazzo

limiti alle passioni la funzione psicologica del moto. Il pit- |

tore « è tenuto è dimostrar le passioni habituate dell'animo per

li moti, et gesti proprii, come si è detto; hà da rappresentar anco insieme, quelli che vengono per accidente, nel che consiste in gran parte il difficile di quest'arte, di mostrare in un corpo solo diversi affetti, et passioni, cosa che molto era osservato appresso de pittori antichi... Anch'io mi trovo una testicciola di terra, di un Christo, mentre ch'era fanciullo, di propria mano di Leonardo Avinci, nella quale si vede la semplicità, et purità del fanciullo, accompagnata da un certo che, che dimostra sapienza, intelletto, et maestà et l’aria che pure è di fanciullo tenero, et pare haver del vecchio, savio, cosa veramente eccellente » (1). Non più dunque un gesto fermo per una particolare indicazione psicologica, ma un fluire di sentimenti dal moto continuo dei piani della creta; non un suggerimento associativo con la realtà, ma sì l'impronta immediata dello stato d'animo | in cui si trovava l'artista creatore. Ma infine, con maggior libertà, può rintracciarsi nel moto l’espressione teoretica e non psicologica? C'è un passo dove il Lomazzo sembra si sia posto il problema e l’abbia anzi risolto affermativamente; ma l’insufficienza verbale dell'esempio esplicativo dimostra ch'egli non aveva chiare le idee.

(1) Trattato, p. 127.