La critica e l'arte di Leonardo da Vinci

LA TRADIZIONE CRITICA SULL’ARTE DI LEONARDO 113

È ben vero che subito dopo, il Lomazzo indica la « Vergine delle rocce » di Leonardo come perfezione di luce, sottintendendo in essa il superamento dello Zenale; ma nemmeno per l'opera di Leonardo egli rileva la perfezione del disegno, poichè la perfezione della luce gli basta.

Non solo il disegno manchevole non può nuocere al colore illuminato, ma anche il colore illuminato, quello ad esempio di Leonardo, può rivelare nuove facoltà del disegno. Leonardo « nel colorito ha servito alla grandezza del disegno, et l'ha pienamente conseguita tal che la forma degli huomini, così grandi come piccioli ha rappresentata con una nobil furia di colorito esprimendo in loro diligentemente gli andamenti suoi, dandogli le ombre, et i lumi variatamente, con veli sopra veli » (1).

Anzi, la luce e l’ombra non devono adattarsi a una forma prestabilita. Il contrario è vero : la forma deve trasformarsi nell’effetto di luce. « Il lume che più percuote nel corpo s'esprime con linee che rilevano più, come sono le torte, convesse, et arcate. Il lume, che percuote ugualmente il corpo, si rappresenta con linee rette; et quando comincia à scemare, s'hanno da cominciare a far le linee concave, quali sono quelle con che si fanno buchi, ma con destrezza si che ne la prima parte dove si comincia à debilitare la luce siano dolcemente arcate, et ne la seconda un poco più, et così proportionatamente » (2).

D'accordo con la critica e con l’arte di Leonardo, il Lomazzo dunque chiede che la luce non serva una solida forma preziosa, ma anzi che la forma sfugga in continui andirivieni, saturata nel nembo di luce e d'ombra (3).

(i) Tempio, p. 49. (2) Trattato, p. 25. (3) Cfr. LeonarDo, Trattato, B. 634-635.

VENTURI

rel