La critica e l'arte di Leonardo da Vinci

LA TRADIZIONE CRITICA SULL'ARTE DI LEONARDO 129

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Distrutto il colore, che aveva formato la gloria della pittura francese e veneziana del Settecento, e sorto sulle sue rovine il neo-classicismo del Winckelmann e del Mengs, la nuova importanza assunta dal chiaroscuro risolleva la fortuna di Leonardo. Il Mengs parla del chiaroscuro in senso prettamente vinciano, ma lo riferisce generalmente al Correggio, che considera maestro tipico del chiaroscuro. Osserva per esempio che il Correggio comprese: « che non doveasi dare alle differenti cose una ugual forza, nè forma di luce : che la chiarezza interiore di un Quadro è differente secondo vengono illuminate le parti dell’aere interposto ; e che il misto della luce e delle tenebre produce una tinta grigia; e finalmente conobbe, ch'era necessaria una varietà continua : onde non ripetè mai la stessa forza nè nel chiaro, nè nell’oscuro » (1). E non sembra questa una fine determinazione del chiaroscuro vinciano ?

E sotto l’influsso del Winckelmann, che aveva apprezzato l'espressione psicologica di Leonardo, sin dal 1784 scrive 1 Amoretti (2), poi così benemerito della biografia vinciana, un giudizio che rimarrà fondamentale per troppi scrittori dell’Ottocento, cioè che Leonardo fu maestro di Raffaello e del Correggio nella grazia, e di Michelangelo nella robustezza. Nel quale giudizio, malgrado la sua astrazione, sì trova già accennato il superamento dell’ammirazione limitata alla grazia dei contemporanei di Leonardo, e la condanna delle ripugnanze del De Brosses e del La Lande per l'energia del maestro.

(1) A. R. Mencs, Opere. In Bassano, MDCCLXXXII. T. I, pag. 181. . (2) AMORETTI nel « Ragionamento » premesso ai « Disegni di Leonardo da Vinci incisi sugli originali da Carlo Giuseppe Gerli, 1784 ».

VENTURI 9

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