La critica e l'arte di Leonardo da Vinci

130 PARTE SECONDA

Rimaneva tuttavia l'impossibilità di conoscere in Italia epere ben conservate di Leonardo, così che Luigi Lanzi (1), quando non s’inspira al Vasari o al Mengs, perde di vista completamente la realtà : Leonardo « tenne due maniere, l'una carica di scuri che fanno mirabilmente trionfare i chiari opposti ; l’altra più placida e condotta per via di mezze tinte. In ogni stile di lui trionfa la grazia del disegno, la espressione dell’animo, la sottigliezza del pennello. Tutto è gaio ne’ suoi dipinti, il campo, il paese, gli altri aggiunti delle collane, de’ fiori, delle architetture; ma spezialmente le teste. In esse ripete volentieri una stessa idea, e vi aggiugne un sorriso, che a vederlo rallegra l'animo ». Meno puerile e meno irreale altrove, comprende che « fu suo costume come nelle ombre rinforzar sempre fino ad arrivare al grado più alto; così nelle composizioni di più figure andar crescendo fino al sommo gli affetti e le mosse. La stessa gradazione tenne nella grazia, di cui fu forse il primo vagheggiatore ».

La nuova importanza che assunse con l’inizio del secolo XIX la figura storica di Leonardo da Vinci, e a un tempo le più accentuate conseguenze dell’erronea interpretazione psicologica e scientifica dell’arte di lui, ricevono una tipica manifestazione nell'opera, proprio di un pittore, di Giuseppe Bossi dedicata al « Cenacolo » (2). Le condizioni del dipinto erano tali che per studiarlo occorreva ricorrere alle copie e alle incisioni : e sopra tutto queste davano il soggetto denudato dall'arte con cui era stato trattato. Ogni considerazione sul Cenacolo diventava naturalmente astratta, e l’astrattezza dei problemi mentali si accordava pericolosamente con la necessaria astrattezza delle considerazioni. Lo studio delle fonti relative a Leo-

(1) Storia pittorica della Italia. Bassano, MDCCCXVIII, T. I, p. IZleT

IV, p. 189-90. (2) Giuseppe Bossi. Del Cenacolo di Leonardo da Vinci, Milano. MDCCCX.

RE E RA ni etna