La critica e l'arte di Leonardo da Vinci

LA TRADIZIONE CRITICA SULL’ARTE DI LEONARDO 135

lunque contingenza di azione queste si trovassero. E quando si posero tale problema, gli scrittori anteriori all'Ottocento si limitarono a constatare che le figure di Leonardo sorridevano, onde puerilmente dedussero l'allegria dell'artista.

È merito dello Stendhal (1) di aver saputo per primo leggere nel cuore di Leonardo. Egli profitta per definire la psicologia vinciana di due versi del La Fontaine : « Tout était bonheur pour lui jusqu'au sombre plaisir d'un coeur mélancolique ». E alirove: « Il avait cette rare noblesse de dessin plus frappante chez lui que chez Raphaél mème, parce qu'il ne méle point à la noblesse l’expression de la force. Il avait ce coloris mélancolique et tendre, abondant en ombres, sans éclat dans les couleurs brillantes, triomphant dans le clair-obscur, qui, s'il n'avait pas existé, aurait dî ètre inventé pour un tel sujet ». Cioè per la « Cena » : « s'il fut jamais un homme choisi. par la nature pour peindre un tel sujet, ce fu Léonard de Vinci ».

Purtroppo, le numerose false attribuzioni cui presta fede impediscono allo Stendhal di completare il suo quadro con osservazioni stilistiche, anche se davanti la « Gioconda » s'accorge che « la main droite est éclairée absolument à la Corrège ». Assai poche parole dello Stendhal hanno dunque importanza per la storia dell’arte, eppure sono sufficienti a rivelare sia lo stato d’animo dell'artista, sia la impronta di quello stato d'animo nella sua preferenza per l'ombra. L'arte di Leonardo è appunto la sintesi del suo sentimento e del mezzo artistico prescelto ad esprimerlo : è tutta in un'ombra melanconica.

Il Delécluze (1) s'accorge che il fatto di avere Leonardo abbandonato la pratica dell’arte non si deve attribuire alla fri-

(I) De StenpHaL, Histoire de la Peinture en Italie (13 ed. 1817). Paris, 1892, pag. 162, 140. (2) E. J. DeLécLuze, Léonard de Vinci. Paris, 1841, p. 29.