Bibliografia Vichiana I
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ORAZIONI INAUGURALI
come una nota di cronaca di Antonio Bulifon, riferita nella seconda parte del presente lavoro {sezione prima, capitolo primo), rende certo che la terza orazione fu pronunciata nel 1702, così, per varie ragioni esposte dal Nicolini (in Vico, Opp., Vili, 23741), è altamente probabile che date vere della quarta e della sesta siano rispettivamente il 1703 e il 1706. Il testo primitivo, recitato via via all’ Università, è andato quasi tutto disperso, in quanto di esso non ci sono pervenute se non la seconda orazione, mutila del principio, ma preceduta da una dedica a Marcello Filomarino dei duchi della Torre, recante la data del 1° decembre 1708, e relativa, evidentemente, a un’edizione a stampa, che il Vico voleva fare di quella sola orazione e poi non fece ; più ancora, autografe, alcune Emendationes alle prime cinque: emendationes credute a lungo (e così sembra a prima vista) relative al testo esibito dal codice citato qui appresso, ma che il Nicolini (in Vico, Opp., I, 306309) ha mostrate anteriori a questo e riferentisi, pertanto, ad altro testo ora perduto e che, salvo a supporre dispersa anche un’altra rielaborazioue antecedente a quella di cui ora si farà parola, dovrebbe pure essere il testo recitato via via all’Università. A ogni modo, l’anzidetta stesura mutila della seconda orazione è stata serbata dal codicetto della Nazionale di Napoli segnato XIII. B. 36, ma in una tarda copia, che, esemplata intorno al 1780 sullo smarrito autografo o su una parimente smarrita copia più antica, viene rivelata dalla scrittura opera dell’erudito napoletano Gian Vincenzo Meda (1744-1814). Le Emendationes, invece, sono rilegate in fine dell’altro codice, che, donato dal Vico, non dopo il 1727, al cappuccino Francesco Antonio Ceraso da Palazzuolo (1672-1735) e dal Ceraso lasciato al convento napoletano di Sant’ Efremo, passò, dopo il 1860, con la segnatura XIII. B. 53, nell’anzidetta Biblioteca Nazionale. Narra a tale proposito il Galasso (nell’ introduzione alla sua edizione qui appresso citata, pp. v sgg.) che proprio nelle quattordici pagine innumerate contenenti le Emendationes « furono ravvivate le spente tracce della scrittura con certo mezzo efficacissimo, offertoci gentilmente dal dottissimo Costantino Tischendorf, che per ventura trovavasi allora tra noi » : « mezzo efficacissimo », per altro, eh’ era uno dei più nocivi reagenti, il quale, oltre che imbrattare e corrodere la carta, ha reso ora addirittura illeggibile la scrittura. Comunque, nel grosso di codesto codice, ossia nelle prime ceutosedici pagine