Bibliografia Vichiana I

LIBER METAPHYSICUS

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III IL « DE ANTIQUISSIMA ITALORUM SAPIENTIA » OVVERO « LIBER METAPHYSICUS ».

Il Vico stesso racconta ( Opp ., I, 129-30, e cfr. V, 36 sgg.) che il duplice ordine d’indagini, filosofiche e storico - linguistiche, suggeritegli dallo studio della filosofia italica o pitagorica (o, più esattamente, di quella che, con animus allora fortemente nazionalistico, egli fantasticava tale), presero origine da suoi discorsi conviviali tenuti, una sera del 1709, in casa di Paolo Mattia Doria (1666-1746), col Doria stesso e coi comuni amici Agostino Ariani (1672-1748), Nicola Galizia (16631730) e Giacinto de Cristoforo (1650 - 1725), e dalle calde esortazioni di codesti quattro matematici a che egli sviscerasse l’argomento in una trattazione organica. Originariamente, questa venne concepita quale compiuto sistema filosofico, da ripartire in tre libri, consacrandi, rispettivamente, alla metafisica (con un’ appendice sulla logica), alla fisica (o, come la chiameremmo noi, filosofia della natura) e alla morale. Per altro, il terzo libro pare non venisse neppure abbozzato, e, circa il presumibile contenuto del secondo, basterà rinviare a ciò che se ne dirà nel capitolo dedicato agli scritti dispersi (IX, paragrafo V). Quanto poi al primo libro solo pubblicato (ma senza l’appendice sulla logica), esso, a giudicare dalle apparenze, vorrebbe esibire, da un lato, una serie di ipotesi nazionalisticamente pseudostoriche, e appunto perciò dall’autore stesso rifiutate, su un’antichissima civiltà italica, e, dall’altro, ricostruire, attraverso le etimologie di molte voci latine, quella che, dell’ anzidetta congetturata civiltà italica, sarebbe stata la concezione metafisica. In realtà, per altro, il Vico diè una sua propria originalissima teoria dei punti metafisici, che, con caparbia modestia, s’ ostinò poi a volere attribuire a un ipotetico Zenone, nel quale, con errore comune a quei tempi, erano fuse le persone così dell’eleate come dello stoico, e (che conta più) la prima forma della sua egualmente originale teoria gnoseologica, che, sull’esempio, del resto, di lui, s’usa condensare nella formola della « conversione del vero nel fatto ». Sia come si sia, nel novembre o decembre 1710, « ex typographia Felicis Mosca, permissu publico», vedeva la luce un