Bibliografia Vichiana I
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cuoco
giorno a Milano, aiutato dal Monti (e ben erano amendue da tanto !), imprese a celebrare il nome e la dottrina del Vico negli articoli letterari. In tal modo destò la curiosità di coloro che ne ignoravano perfino l’esistenza. Non pago di ciò, incoraggi un libraio a pubblicarne un’edizione, seguita immantinenti da una seconda». E, insomma, mercè sua, la Scienza nuova, ancora ai principi del secolo nota « nel solo cerchio de’ primi dotti d’ltalia », finì con l’andare « per le mani di tutti ». Certamente, a considerarle singolarmente, ciascuna di codeste affermazioni risulta inesatta o, quanto meno, esagerata. Il « servigio massimo » reso dal Cuoco alla cultura italiana resta sempre il Saggio storico sulla rivoluzione napoletana ; l’aiuto prestatogli dal Monti nell’anzidetta propaganda vichiana si riduce a poca cosa (v. qui appresso, paragrafo 11, numero 1) ; alla prima ristampa milanese dell’ultima Scienza nuova (quella del 1801) il Cuoco si tenne estraneo ; non « immantinenti » ma dopo quindici anni codesta prima ristampa milanese fu seguita da una seconda (v. sopra pp. 53-54) ; « per le mani di tutti » il capolavoro vichiano non è corso, e non poteva, non può e non potrà correre mai ; e finalmente 1’ apostolato sia pure d’ un Cuoco sarebbe riuscito sterile, se, a rendere più accessibile o meno inaccessibile il pensiero precorritore del Nostro, non fosse valso principalmente il fatto, messo in rilievo dal medesimo Cuoco (Scritti vari, 11, 62), che, via via che progrediva la cultura europea, le idee del Vico andavano « sbucciando nelle menti altrui » : a tal punto che « si spacciano per tutto molte teorie come novità, mentre non sono che semplicissimi corollari delle dottrine di Vico». (Che, sia detto tra parentesi, è in qualche modo ciò ch’è stato poi osservato dal Croce, che, « come il cartesianismo fece in Napoli rivivere il Campanella e i naturalisti della Rinascenza e il Galilei, così il nuovo moto degli studi del secolo decimonono ritrovò il suo antenato indigeno nel Vico »). Ma, d’altra parte, tutto questo non toglie che, nell’ insieme, il Pepe abbia perfettamente ragione, e cioè che, coi quindici anni d’incessante propaganda vichiana, svolta, prima a Milano, poi a Napoli, attraverso libri, stampe periodiche, atti ufficiali, lettere private e conversazioni orali, il Cuoco rendesse un servigio grande così alla cultura italiana come al vichismo. Non si conosce da chi egli fosse iniziato a quest’ultimo. Non di certo dal suo corregionale e maestro di economia e diritto