Bibliografia Vichiana I
N. NICOLINI
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prodotto posteriormente in tutta Europa, e segnatamente nei paesi di lingue diverse dalle neolatine ; coi suo citare a prò-, posito e a sproposito il Vico, finiva pure, da codesto continuo ed esclusivo ingerimento d’un liquore troppo poderoso pel suo stomaco digiuno, con 1’ uscire ebbro del tutto e, in codesto stato dionisiaco, porgere alimento al foggiarsi del tipo e quasi macchietta comica del «vichista», analoga all’altra coeva del « rinaldista » o, in vernacolo, « patito di Rinaldo », vale adire ossessionato dalle geste del « paladin possente», così come le narravano al popolino i cantastorie del Molo (v. sopra p. 415). Il che, naturalmente, non toglie nulla né agli eccellenti servigi resi da quella scuola agli studi giuridici, né al torto che, ai tempi dell’imperante positivisteria, ebbero pratici privi di ogni lume ideale nel prendere occasione da quegli eccessi per discreditarla e porla in burletta. Fondatore, se è lecito dire così, e più colto, attivo e premuroso rappresentante di essa fu Nicola o, come gli piaceva chiamarsi, Niccola Nicolini da Tollo nell’ Abruzzo chietino (1772-1857), alto magistrato murattiano, poi borbonico, dal 1831 titolare altresì della cattedra di diritto e procedura penale nell’Università di Napoli, dal 1841 al 1848 ministro senza portafogli. Egli stesso, in una sorta di autobiografia poetica commentata, dal titolo « Musa di famiglia, memorie domestiche » (Napoli, senza anno, ma 1849 circa), racconta d’essere stato iniziato al vichismo dai suoi maestri Nicola Pergola e Nicola Valletta (v. sopra pp. 327-28 e 344-40) e d’essersi nutrito esclusivamente di Dante, di Cuiacio e del Nostro nel tempo in cui qualche partecipazione ai moti del Novantanove lo costrinse a nascondersi nel natio Abruzzo (luglio 1799-marzo 1801). Naturale, dunque, che, ogni qualvolta dovesse risalire a principi generali di diritto, usasse attingere agli scritti vichiani, dei quali conosceva in modo particolare il Diritto universale, le cui teorie, precorrenti quelle della Scienza nuova, erano anche da lui, alla guisa medesima del Cuoco e dei citochiani, contaminate con le rifiutate ipotesi nazionalistiche del Liber metaphysicus (v. sopra pp. 422 sgg.). La cosa apparve chiara sin da quando, dal 1812 al 1814, diè fuori in Napoli, presso Angelo Trani, i tre volumi delle Instruzioni per gli atti, giudiziari criminali e di polizia', tanto che il Cuoco, nel recensirne il primo volume, lo qualificò opera di « giureconsulto-filosofo » e riattaccanfesi « alla scuola della colta giurisprudenza napoletana, che si glo-