Bibliografia Vichiana I
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NIEBUHR
« Micali, Niebuhr, Constant, Jannelli, Colebrocke, Raoul-Rochette, e forse qualche altro », come di coloro nei cui scritti riappariscono parzialmente « alcune felici vedute » del Nostro. E, circa il Ferrari, se gli argomenti estrinseci, sui quali egli si fonda per affermare non fortuite le coincidenze tra la Scienza nuova e la Geschichte nieburhiana, sono quanto di più labile si possa immaginare, gli argomenti intrinseci, poi, lungi dal suffragare l’assunto, vanno piuttosto contro questo, anzi contro ogni verità. Non vero che, « allorché voi raccogliete con Niebuhr quel canto popolare di Romolo e Remo, e voi scorgete, attraverso il velo di questi due simboli poetici, le due città che si sono confuse ed hanno lasciato il solco della loro dualità nella storia di Roma, nella sua poesia, nelle sue tradizioni, sentite qualche cosa che il cinquecentista di Napoli », secondo al Ferrari piaceva chiamare il Nostro, « non avrebbe mai compresa » : non vero, perché, tutt’ al contrario, il Vico aveva compreso così bene tutto ciò da fare di Romolo e Remo due « caratteri poetici ». E ancora meno vero è che « il pensiero di Vico è ben grande, ma è sempre velato dalle idee del cinquecentista »; ragione per cui, « ancora quando la sua divinazione popolare (?) sorpassa il suo secolo, spetta ancora a Niebuhr a collocarla nel mezzo dei popoli nella realtà de’ monumenti e nel sincronismo delie tradizioni » : ancora meno vero, perché non mai forse nella Scienza nuova l’autore si mostra tanto chiaro e, al tempo medesimo, tanto non cinquecentista ma otto-novecentista, quanto, salvo rare eccezioni, nelle sue scoperte romanistiche, e non solamente in quelle in cui precorse il Niebuhr, ma anche nelle altre non poche in cui anticipò i risultati raggiunti dallo Schwegler, dal Mommsen, dal Lewis e da innumeri altri prosecutori dello storico danese. Di ben altro valore è il giudizio di Federico Carlo von Savigny (1779-1861): un giudizio eh’è, insieme, una testimonianza, confermante le asserzioni del Capei : 11 Vico egli scrive, —con la sua geniale profondità, restò isolato tra i suoi contemporanei, straniero nella sua patria, trascurato e deriso, per quanto ora si tenti di rivendicarlo quale gloria nazionale. Senza dubbio, si trovano in lui pensieri staccati, vicini a quelli de! Niebuhr. Ma codesti pensieri sono simili a lampi in una notte oscura, dai quali il viaggiatore è più sviato che non guidato per la retta via. Essere illuminato da essi sarebbe riuscito impossibile a chi non avesse scoperto già la verità per la sua strada. E particolarmente il Niebuhr ha conosciuto il Vico soltanto in un secondo momento e attraverso altri.