Breve storia della provincia Veneta della Compagnia di Gesù

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Libro VI. Dal 1891 al 1900.

San Giorgio alla Compagnia di Gesù ad perpetuum liberumque usum. Nello stesso anno, non senza manifesto aiuto di Sant’Antonio (quivi tanto onorato, come dicemmo) fu finalmente concesso ai Nostri di poter abitare tutto intero quell’ edifizio, ossia monastero, da lungo tempo posseduto da una famiglia protestante. Nel 1897 cominciammo a tenere nella residenza di Bergamo la Scuola apostolica. Essa non ebbe fino da’ suoi princìpi, alcun fondo per mantenersi, salvo i tesori inesauribili della provvidenza divina. Suo fine principale era di educare opportunamente giovinetti d’ ancor tenera età, sicché, se poi Dio li chiamasse alla divina opera delle missioni estere, potessero facilmente seguire la loro vocazione. (l) Si sperava inoltre che, per questa via, si sarebbe forse aumentato il numero dei novizi, perchè si cominciava a stare in pena per questo rispetto, e a temere per 1’ avvenire. La vigilia della Natività di Maria Santissima del 1898, la scuola apostolica si consolava d’ aver due de’ suoi alunni nel noviziato di Soresina ; e 1’ anno appresso, altri di quella scuola abbracciarono la stessa vita. Intanto la casa di Bergamo perdeva colui, che fin qui era stato, per così dire, la sua anima. Il 30 di novembre del 1898, il fedel servo di Dio il buon P. Mai, giunto all’ età d’ ottant’anni, entrava nel gaudio del suo Signore. Era stato il primo Superiore della casa, durò in tale ufficio fino al 1893, poi fu sollevato da quel carico, ma non però lasciò più la casa di Bergamo fino alla fine della sua vita. Facendo per tanti anni un bene immenso, ma senza strepito e senza metterlo in mostra, propagò un po’ alla volta tra i Bergamaschi la notizia della nostra Compagnia e ottenne che fosse non solo tollerata, ma amata in una città, ove prima non aveva mai potuto sta-

(i) Dopo sei mesi di prova (o più, se occorreva) il giovine faceva la Promessa Apostolica. Così si diceva l’offerta ch’egli faceva di sé (senza voto nè giuramento) alla presenza del direttore e de’ suoi compagni, dichiarando « essere sua sincera e ferma risoluzione di consecrarsi al servizio di Dio e alla salute delle anime, facendosi Missionario. » Passato il tempo della prova, chi non era giudicato degno e idoneo a fare e mantenere la detta Promessa, era restituito alla sua famiglia.