L'Italia e la questione del calendario al principio del XX secolo

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l’ ITALIA E LA QUESTIONE DEL CALENDARIO

ch ; egli si fu prevalso, per gli studi preparatori e la redazione dei progetti, della scienza italiana ed estera inviò, fino dal 1577 questi progetti « Ad principes Christianos et celeberrimas quasque A eadem ia s», convocò a Roma con ingenti spese o consultò, come gliene fa gloria il protestante Horrebow, (*) i più reputati astronomi e volle informarci egli stesso, nella Bolla Inter pravissimas, relativa alla riforma del Calendario, che « trattandosi di cosa di interesse generale, aveva coluto che d’ ogni parte vi si apportasse il concorso del consiglio » ( 2 ). Grazie a questo savio modo di procedere, il Calendario gregoriano fu, a poco a poco, adottato da tutti i popoli civilizzati soltanto eccettuati, per motivi più che altro politici, quelli di confessione ortodossa sicché è già, di fatto, a quest' ora il Calendario internazionale. Se, e fino a qual punto, possa esso venire astronomicamente migliorato, lo si vedrà più innanzi. Frutto della scienza internazionale e del senno pratico italiano, il Calendario gregoriano cominciò ad entrare in vigore nel 1582. Vediamo, ora, in che differiscano i due Calendari giuliano e gregoriano. Cominciamo dal primori. Calendario giuliano Il Calendario giuliano seguito ancora in Russia, in Grecia, in Rumania, in Serbia, in Bulgaria, nel Montenegro e, nell' Impero turco, da tutti i Cristiani di confessione ortodossa, suppone che la durata di un anno tropico sia di 365 giorni e 6 ore intere. Partendo da un simile postulato, siccome P annuo ritardo di 6 ore rappresentava, ogni quarto anno, il ritardo di un intero giorno, Sosigene suggerì, e Giulio Cesare prescrisse, che ogni quarto anno avrebbe 366 giorni e riceve-

0« Fecit ipse (Papa Gregorius XIII) quod in se fuit, convocando magnis » sumptibus Matliematicos quos huic operi idoneos fore sperabat, sed ea exi» stit Mathematicorum sors ut verum inveniant non quando principes jubent » sed quando possunt... in nonnullis lapsi sunt viri doctissimi ; quos homini» bus lapsus facile condonamus, nobis eandem veniam pacti, si quidem nec » nobis firmis übique gressibus progredi contingat » Horrebowii (Petri), Consilium de nova methodo paschali ad perfectum statum perducenda ac deinceps omnibus Christianis commendanda Seconda edizione. Havnice (Copenhagen) 1741. Opera dedicata al re Cristiano VI. §. CXCII pag. 419. Rilevo la bella modestia dello scrittore, e fo osservare che i lapsus a cui allude non riguai’dano la parte astronomica della riforma gregoriana, ma la sua conformità colle regole attribuite al Concilio di Xicea ; questione affatto diversa e su cui tornerò, con brevi ma sufficienti cenni, più innanzi. Rinvio, per ciò che ha prescritto il Concilio di Nicea, al testo del suo decreto sulla Pasqua, riportato nella rivista il Bessarione del 1900, fase. 45-4(5: articolo; li decreto niceno sull' unificazione della Pasqua e S. Leone il Grande. ( 2 ) *Ut res qute omnium communis esset, communi etiam omnium consilio perficeretur » Bolla Inter gravissimas del 24 febbrajo (VI Kal. Martii) 1581. ss'. 5 e I'-'.