L'Italia e la questione del calendario al principio del XX secolo

assegnarono all' equinozio vernale, come punto di partenza dei calcoli per la determinazione della Pasqua, la data del 55 phamenoth, corrispondente al 21 marzo (XII kal. apr.) del Calendario romano (*). Dico « come punto di partenza dei detti calcoli 3 perchè, a <?ausa specialmente del bissestile, l'equinozio oscilla almeno fra due date del Calendario civile, li 21 marzo è la data la più tardiva sicché, salvo qualche giochetto da parte dei cicli, la Pasqua mai non potrebbe cadere, prima del reale equinozio. E a questa data, comunemente considerata come prescritta dallo stesso Concilio di Nicea, che si pose mente nella riforma del Calendario, alla line del XVI secolo. I/ equinozio si trovava indietreggiato di dieci giorni, e venne seriamente agitata la questione se non fosse opportuno svincolarsi dalle prescrizioni attribuite a quel Concilio, sia perla data dell’equinozio sia per altri punti delle regole pasquali, specialmente in vista della loro semplificazione. Ma la deferenza che si volle avere per le Cristianità dell’ Oriente, suggerì che venissero ancora conservate nelle loro integrità, e che la riforma si riducesse a metterle in accordo col firmamento. ( 2 ) Per raggiungere questo scopo, si cominciò dal rimettere I’equinozio alla data in cui cadeva all'epoca del Concilio di Nicea, cioè al 21 marzo, e questo mediante il salto o 1' omissione di dieci interi giorni. Si ebbe però cura di prescriverla all’ epoca deli' anno la più acconcia per non ledere suscettibilità religiose. L'indomani del 4 ottobre 1582 divenne, invece

p) Se qualcuno doveva sapere con certezza ciò che aveva prescritto il Concilio di Nicea relativamente all’equinozio questi erano i Vescovi di Alessandria. Ora nel 154, cioè più di 125 anni dopo quel Concilio 1325), Procerius vescovo dì quella città scrivendo al papa S. Leone {Op. seti Leonis Ed. Migne t. l p. lOSA e seg.) parlava del 25 phamenoth (21 marzo) con un: « eo quod tuac » inkinrn verni temporis ab his qui hoc invenire valuerunt, cum omni diligentia praescriptum esse videatur (§, S) » A quelli che si interessano alla questione suggerisco pure un’occhiatina a Dionigi il piccolo. Liber de Paschate, ed. Migne Patr. lat. 1.167, pp. 489-49(1 e al Ve n. Seda. De temporum ratione CXXX. De j Dquinoctiis et solstitiis, ed. Migne Patr. lat. t. 90 p. 429, come pure pagine 587-3, 604-5 e passim. Nè Dionigi il piccolo, autore del sesto secolo, nè Beda che scrisse nell’ ottavo e che ebbe, come Dionigi, ad occuparsi specialmente dell'equinozio, hanno il menomo sentore di un decreto niceno che ne ùssasse la data al 21 marzo. D’erronea opinione si deve al fatto che il Concilio, per sottrarre la Chiesa dalla dipendenza della Sinagoga, incaricò del compiuto pasquale cristiano gli astronomi di Alessandria i quali, come ho già osservato, assegnarono all’ equinozio la data del 25 phamenoth,2l marzo, del Calendario giuliano. —Un po’di logica a vapore, ecco tutto. ( 2 ) Non potendo mutare questo articolo, che hanno scopo preciso» pratico, in un volume, io non posso attardarmi a fornire la prova di tutto ciò che as serisco. Dirò soltanto che credo essere in grado di farlo, e che procurai di trarre profitto da tutti gli studi storici e critici relativi al Calendario e questi.ni connesse che, a mia notizia, vennero in luce in questi ultimi tempi.

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