Bibliografia Vichiana I

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VERSI

colo col dare alla luce, in collaborazione con Pasquale Carcani, i deliziosi Componimenti in morte di Domenico lannaccone, boia della Gran Corte della Vicaria. Primo a mettere a profitto le miscellanee, gli opuscoli e i manoscritti ora mentovati, per raccogliere e illustrare, con deliberata esclusione delle poesie latine, una parte almeno dei versi italiani del Vico o al Vico, fu il Villarosa, che a codesta sua fatica consacrò il terzo volume degli Opuscoli vichiani (1819). Fatica, al certo, benemerita, ma, a dir vero, esibita nel maggiore disordine e anche con arbitri tanto più gravi in quanto 1’ eccellente marchese, non contento di emendare, al suo solito, parole e forme grafiche peculiari al Nostro, volle talora rifare, e non in meglio, versi interi ; talaltra—cioè sempre che in qualche componimento nuziale s’imbattesse in allusioni o immagini troppo realistiche vacare all’ ufficio di espurgatore ; e una volta, infine, calcare la mano a tale punto che la sola vera poesia del Vico in versi, gli Affetti di un disperato, così secentesca anche nel titolo, acquistò patina romantica col diventare gli Affetti di un malinconico, secondo continuò a intitolarla altresì Michele Parma, nell’ inserirla integralmente nel suo libro sul Vico citato più oltre, pp. 36-40. Sia come si sia, la silloge viìlarosiana, diversamente ordinata e amputata delle note, per lo più biografiche, con cui il primo editore la aveva illustrata, ma pure accresciuta, per comunicazione del Villarosa medesimo, di quattordici poesie latine, fu travasata nelle pagine 343-466 del sesto volume della prima silloge ferrariana, di cui, salvo che per qualche bazzecola, le altre dello Jovene, dello stesso Ferrari e del Pomodoro non sono, per questa parte, se non ristampe materiali. Posteriormente (1905), un sonetto del Vico, due della figlia Luisa e due di Gerardo de Angelis su quest’ ultima, tutti cinque trascurati dal Villarosa, furono ristampati dal Gentile nel Figlio di Giambattista Vico, pp. 15-19 e 173, donde passarono nelle due edizioni degli Studi vichiani del medesimo autore. Poco dopo (1910), una decina di poesie al Vico, escluse dalla raccolta viìlarosiana, e altre del Vico o al Vico, inserite già in questa, videro o rividero la luce in un opuscolo di Michelangelo Bruno, del quale si darà a suo luogo la citazione precisa. Quasi simultaneamente (1911), uno spoglio sistematico così delle carte vicinane come della ricchissima collezione di miscellanee poetiche raccolta già dal Villarosa e donata ora dagli eredi alla Nazionale di Napoli,