Bibliografia Vichiana I

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PRIMI SCRITTI

I PRIMI SCRITTI

Sembra difficile che, prima di dirla, il Nostro non ponesse in iscritto e mandasse a mente l’arringa pronunciata nel 1686, innanzi al Sacro Reai Consiglio napoletano, in difesa del proprio padre, convenuto in giudizio dall’altro libraio napoletano Bartolomeo Moreschi (Opp., V, 8 e 107). A ogni modo, egli medesimo racconta ( ibid ., pp. 8-9) d’avere composto prima del 1693 molti versi barocchi, tra cui una canzone sulla rosa. A quel tempo appartengono altresì certe postille di natura linguistica apposte in margine ai classici, così latini come italiani, che veniva via via studiando, e, tra altri, alle opere di Cicerone, Virgilio e Orazio, nonché di Dante, del Petrarca e del Boccaccio (ibid., pp. 10-11). Al quale proposito giova cogliere l’occasione per avvertire che le chiose aggiunte in margine a un esemplare della magnifica edizione giuntina del testo grecolatino di Aristotele col commento di Averroe esemplare i cui nove volumi in folio, posseduti già dal convento di Santa Maria della Pietà di Vatoila, di cui recano Vex-libris, si serbano ora, parimente in Vatoila, nella ricca biblioteca di casa Ventimiglia non sono, secondo s’è affermato più volte, di mano del Vico, ma, come mostra la scrittura, di qualche ignoto studioso cinquecentesco.

II LA LEZIONE DI PROVA NEL CONCORSO ALLA CATTEDRA DI RETTORICA

Nel recitarla il 25 ottobre 1698 (Opp., V, 112), il Vico svolse un tema tirato a sorte ventiquattr’ore prima. Pertanto, data la grande improbabilità che in un intervallo così breve egli riuscisse a porla in iscritto, è da ritenere che si contentasse di abbozzarla, salvo poi, come usava allora da parecchi e farà egli stesso nei riguardi della praelectio del 1723, a stenderla intera a recitazione già avvenuta. Comunque, si conosce dall’ Autobiografia (Opp., V, 24) che parlò per un’ora,