Bibliografia Vichiana I

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denza nei suoi Hints toward thè fonnation of a more comprensive theory of life, pubblicati bensì postumi nel 1840 a cura di Set R. Watson, ma lavorati sin dall’autunno 1816, e che pertanto sono il primo libro inglese sin qui conosciuto nel quale il Vico sia nominato esplicitamente. Senonché nel maggio 1824 veniva presentato al Coleridge, nella sua dimora abituale di Groven Highgate, il trentino Costantino Prati (1790-1863), che, massone e carbonaro (ma, al tempo medesimo, corrispondente del Rosmini), era stato costretto nel 1816 a esulare in Isvizzera, ove s’ era legato in intima amicizia con Gaspare degli Creili (v. sopra p. 503-504); e nel 1823 s’era trasferito in Inghilterra, entrando in relazioni più o meno strette, da un lato, col Foscolo e altri esuli italiani e, dall’altro, con parecchi studiosi inglesi, quali Edoardo Coleridge, il Bowring, Tommaso Campbell, il maggiore Cartwright, sir James Stuart, il reverendo Enrico Woodcock e consorte, E. C. Hawtrey. E tra l’esule trentino e il poeta inglese non tardarono a stabilirsi rapporti di vicendevole stima e simpatia, ai quali si dovè se il secondo s’indusse a leggere V Autobiografia e 1’ ultima Scienza nuova nell’ edizione in tre volumi pubblicata nel 1816 dal Silvestri di Milano (v. sopra p. 54) : l’edizione, appunto, che il Prati possedeva e che, nel consigliare quella lettura, fu ben lieto di prestare all’ amico. Pel Coleridge fu lettura tanto più avvincente in quanto innumeri volte nel Vico ritrovava se stesso. Il 14 maggio 1825 scriveva al Prati : «Mi delizio sempre più con Giambattista Vico; e, se nelle mie vene scorresse (grazie a Dio, no) la più piccola gocciola di ’ sangue d’autore ’, venti volte di fila, durante la lettura del primo volume (non ancora ho cominciato il secondo), avrei esclamato : ‘ Pereant qui ante nos nostra dixere ! ’. Quando vi vedrò giovedì ( giornata in cui il Coleridge riceveva), vi mostrerò un certo numero di punti ai quali avevo già rivolto la mia attenzione». E, al tempo medesimo, esortava l’amico che, malgrado il lauto compenso offertogli, non ne fece nulla a scrivere per la Quarterly review, di cui egli, Coleridge, era divenuto editore, un cenno biograficocritico del « grande rivoluzionario del mondo intellettuale, filosofico e religioso » . Da allora in poi 1’ autore della Scienza nuova fu forse il filosofo di cui il Coleridge, animato quasi da spirito di proselitismo, amasse maggiormente parlare così negli scritti a