Bitef

dimanche de la vie nel 1952), e nel 1943 la prima raccolta di poesie, Les Ziaux (cui farà seguito nel 1946 L’instant fatai). Dopo la liberazione della Francia, nel ’44-45, Queneau fa parte del Comité national des écrivains e collabora al giornale «Front national». Nella Parigi del dopoguerra, scrive canzoni per Juliette Greco e i Frères Jacques. Seguendo l’esempio dell’amico Boris Vian, autore di romanzi «americani» sotto firme apocrife, pubblica sotto il nome di Sally Mara il romanzon On est toujours trop bon avec les femmes. (La produzione apocrifa di Sally Mara continuerà fino alle «Opere complete» del 1962). Il 1947 è anche l’anno d’uno dei più curiosi libri di Queneau: Exercices de style. Nel 1950 entra nel Collège de pataphysique in cui assume la carica di «Tpoema in sei canti, la Petite cosmogonie portative. Nel 1951 assume la direzione della «Encyclopédie de la Pléiade», il cui primo volume uscirà nel 1956. Nel 1951 viene eletto nell’Académie Goncourt, Con Zazie dans le métro (1959) ottiene un grande successo internazionale. Nel 1960 fonda, insieme a François Le Lionnais, l’«Ouvroir de littérature potentielle» nel cui spirito compone i Cent mille miliards de poèmes (1961). I suoi ultimi romanzi sono Les fleurs bleues (1965) e Le vol d’lcare (1968) e il suo ultimo libro di poesie Morale élémentaire

(1975). Muore a Parigi il 25 ottobre 1976. □

Sul bus di Raymond Queneau L’amore tutti sanno più o meno che cos’è, ma non tutti conoscono il Kamasutra, l’enciclopedia dell’erotismo orientale. L’anatomia è una fulgida conquista del rinascimento, ma non tutti hanno sott’occhio la capella Sistina dove i funamboli di Michelangelo esibiscono i mille modi di arrampicarsi sul muro. Tutti come Pinocchio ci siamo cotti un uovo al tegamino, ma pochi di noi tengono sotto mano il vadfemecum culinario del secolo scorso Le cento maniere di cuocere le uova. Ammettiamolo: la nostra cultura è troppo specializzata e solo nei grandi aspira all’universale, È il caso di Raymond Queneau, uno degli scrittori più seri del nostro tempo proprio per la sua scintillante disinvoltura. Se scrive poesie ne fa una socmogonia, se racconta un romanzo ne fa una capricciosa saga extratemporale. Quando sceglie un personaggio poi, sia una bambina, un vagabondo, un

pappagallo, ne fa sempre una specie di Dante Alighieri che ci porta a spasso attraverso i mille mondi ilari e abrasivi della sua scatenata fantasia. Esercizi di stile (un titolo che spaventa un po’, ma non è il caso) è tipico di questo suo modo di essere letterario. Un incontro in autobus volutamente banale, un piede pestato, un bottone spostato su un soprabito, gli danno lo spunto per scrivere uno e cento racconti in tutte le forme offertegli dalla sua magica abilità di filologo. Dagli ellenismi alle preziosità decadentistiche, dal gioco infantile alla pignoleria burocratica, dall’animistico al culinario, alle versificazioni più disparate, Sembra che lo scrittore abbia preso un caleidoscopio aggiungendo ai vetri multicolori i sraeplici dati del suo tema base (un collo lungo, un capello ridicolo, una lite) regalandoci ad ogni giro inattesi panorami di ricchezza arisotesca. Un vertiginoso gioco di variazioni che trasforma un tema elementare in una sinfonia dagli echi universali. Ma si sa che non solo conta cosa si dice, ma soprattutto il come. Alcuni degni teologi sono riusciti a renderci assolutamente insopportabile il buon Dio (dopo tutto è un argomento d’una certa importanza) con il loro argomentare pedestre, mentre ci è accaduto di innamorarci perdutamente d’una pulce grazie al superbo verseggiare del cavalier Marino.

Tutti ci siamo addormentati a scuola sulle minuziose cronache dei primi viaggi al Polo, mentre Xavier de Maistre ci ha tenuti quasi col cuore in gola facendoci compiere un modesto viaggio intorno alla sua camera. Noi il viaggio Io facciamo ora a bordo del coloratissimo bus di Queneau che arriva in palcoscenico con un vasto bagaglio di ghiribizzi e sorprese, Potrà sembrare una temesta in un bicchier d’acqua ma è un bicchiere dai riflessi imprevedibili a seconda di dove cade la luce, cioè dove si focalizza l’interesse dello scrittore mostrandoci i mille volti assurdi della realtà e i mille volti reali dell’assurdo. Queneau è un raffinato giocoliere che ci fa rimanere col fiato sospeso a domandarci quanti piatti riuscirà ancora a far rimanere in aria. Anche nella scenografia il bus cambia faccia a sorpresa insieme alle parole, pur rimanendo pervicacemente se stesso, e così i costumi che si sbizzarriscono sconfinando di continuo dal regno dell’abbiglia mento per mostrarci figure più facili da incontrare nei sogni che sui mezzi , di trasporto cittadino. Di conserva il sonoro approfitta largamente dell’occasione per giocare con ironia con un tema molto noto trasformandolo in una ridda di diversissime forme musicali. □ Paolo Poli