Bitef

uno é. Che la gobba non puoi togliertela. Ma si torna perché la memoria é importante. Non la nostalgia, ma la memoria. Il dovere di ricordare. A Buenos Aires molti parlano male delle madri di Plaza de Mayo, dicono che non sono costruttive. Iben ed io abbiamo assistito a una delle loro manifestazioni. L’effetto emotivo é devastante, loro sono calmissime, chiaçcherano fra di loro mentre girano in cerchio con le foto dei ; loro cari scomparsi appese al col- àj lo,' stampate sul loro fazzoletti. "■ У Ecco, ho detto a Iben, abbiamo visto la memoria, quando la memoria non cerca la pietà, quando dice: questo é successo, ricordatelo. E lo dice piano. Nessuno spettacolo teatrale può raccontare la Grande Storia, quella del soffocamento, della disperazione, della degradazione, della tortura e della indifferenza. Nessun spettacolo teatrale può гас; contare la piccola storia, le vicende dolorose e anonime dell’individuo in esilio, tra altre lìnguertra altri colori, tra altri climi. Eppure voglio raccontare, ricordare, anche se attraverso il teatro. Ho trascorso la mia infanzia in Patagonia. Li il mare si apre come la Pampa, l’infinità pianura verde che gli stranieri associano al mio paese. Lungo le coste della Patagonia, da bambino, raccoglievo conchìglie, coscioli, pietre scolpite dalle onde. A volte segnalavo un punto nell’ orizzonte e dicevo al mio migliore amico; li sta Buenos Aires. Venticinque .anni dopo, in Danimarca. camminando sulle spiaggie dello Jutland mi sono trovalo dicendo a Iben la stessa cosa. Il mare del Nord é chiamato dai danesi Marc Occidentale. Insieme (■ a Iben, abbiamo raccolto dalla spiaggia resti di naufragi о forse Í solo oggetti inutili c superflui but- * tati via dai marinai: tavole, casse,materassi di gomma, scatpłer tli latta. Con questi restrfifiutati mare abbiamo crealo il пюофаЯ sico dello spettacolo: li via per costruire frjrayrfténtL memoria, resti di un'amaca che da bafljß i miei sogni di viaggi di conquista. □ Cesai