Venezia e la Lega di Cambrai
per la propria salvézza, dinanzi a tanto accanimento dei nemici e dello stesso pontefice (1). Contro i sudditi infedeli Venezia usò pene in alcuni casi troppo severe, ma sempre in seguito a regolari procedimenti, e invigilò i sospetti con una scrupolosa diligenza (2). Per sopperire alle ingenti spese ricorse a prestiti volontari vistosi, che fecero i nobili e i ricchi borghesi, dandone 1’ esemplo il Doge stesso {3), e i funzionari si assoggettarono ad una diminuzione di stipendio. Per evitare rinuncie ad uffici suggerite da viltà, e che sarebbero state di cattivo esempio, dopo la rotta di Agnadello, il Consiglio dei Dieci stabilì che nelle avversità nessun cittadino si sottraesse per nessuna ragione dal sostenere una magistratura, a cui fosse eletto (4). Per dare il buon esempio ai soldati, molti gentiluomini veneziani, che pure non erano avvezzi alle armi, gli stessi figli del Doge si recarono nell’ assediata Padova a combattere (5). Dopo otto anni di guerra quasi continua la Repubblica riuscì a ricuperare quasi tutto il suo stato. Questa resistenza vittoriosa giovò non soltanto a Venezia, ma a tutta la nazione, e di ciò, come ora diremo, si aveva anche allora la chiara coscienza. Non si tratta adunque d’ una osservazione fatta solamente da storici recenti, desunta dal parallelo di età diverse. Secondo il Da Porto, Francesco Cappello, rivolgendosi ai capi Padovani, quando già la città riconosceva, 1’ alto dominio dell’ Imperatore, loro rimprovera la dedizione a Massimiliano con queste parole; «I Ve-
(1) App. n. IV. (2) A. Bonardi, 1 Padovani ribelli ecc., cap. V-X. (3) Priitli, ms. cit ., c. c. 109 v, 1 io, 115. (4) RomaniSì, o. c. V, pag. 217. (3) Samuto, Diari IX, coll. 49; 132-33.,
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