Il Molise dalle origini ai nostri giorni

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O uscite, o trnsite rsTni salimmo quanti site ; Yui site sette, e nui simm'otto Graie o pescraie sentit' o botte. Vi siti puosti flint’ e Castella, E nui vi taciturno zampa e cervella. Un’ altra minacciava ; “ Buonaparte, si tu non parti, ti faciramo i quarti, e ti marmammo a “ Ferdinando IV „ (430). Giuseppe Napoleone il 30 marzo 1806 era proclamato Re delle Dne Sicilie, per decreto imperiale. Egli aveva dinanzi a sò un vasto programma di demolizione ed insieme di riorganizzazione ; e lo assolse con una celerità , che non sarà mai soverchiamente lodata , nel breve periodo di diciassette mesi in cui tenne il governo dello Stato. La logge eversiva della feudalità fu il maggiore degli atti sovrani da lui compiuti ; legge cui, poi, Gioacchino Murat diede esecuzione integrale sino all’estreme conseguenze, mercè l’opera della Commissione Fendalo. Il 15 luglio 1808 Gioacchino Murat veniva assunto alla corona di Napoli, o il 6 settembre successivo faceva il solenne ingrosso nella Capitale, dove lo raggiunse poi la consorte Carolina Bonaparte coi quattro figliuoli. La nuova Corto brillava circondata dal favore popolare e dall’aureola delle glorio imperiali. Brillava in mezzo ad un superbo Stato Maggiore non dì generali da “ boudoir „ ma di gagliardi , pervenuti al supremo grado della gerarchia attraverso le asperità di gloriosi cimenti, e dì battaglie campali sorrise dalla vittoria. Brillava in mozzo ad una nobiltà venuta su dalla magistratura, dalle pubbliche amministrazioni, dalle fortune della Rivoluzione : una nobiltà difforme, raccogliticcia, “ sans gène „ a tendenze spenderecce, smaniosa di vivere o d’abbagliare. A codesta nobiltà improvvisata e gaudente, faceva sinistro riscontro il corruccio e l’indigenza dei membri dell’ aristocrazia antica , ai quali non restava ormai che il vanto di possedere per lungo Di magnanimi lombi ordine il sangue. Essi non esulavano dalia Capitale. Dove sarebbero andati ? La Corte rifugiata in Sicilia non lusingava agli esili come nel 99, e versava anzi in tali angustie da non desiderare affatto che Palermo divenisse una nuova Coblenza. Occorreva che rimanessero a Napoli, malgrado tutto ; e Napoli, arena propizia in altri tempi allo sfoggio delle supreme eleganze e dello sfarzo spagnolesco, non era d’altronde meno propizia a nascondere il disagio della loro quarantena penosa. I legittimisti sdegnosi di accomunarsi coi “ parvenus „ della campagna, della toga e dei bivacchi, amareggiati che la corona di Napoli orgoglio della stirpe di S. Luigi fosse cinta dal figlio d’un miserabile bettoliere