Il Molise dalle origini ai nostri giorni

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« d’insegnarsi l’agricoltura dai Parrochi presentasi agevole, non dispen« dioso, pronto, generale, possibile, e più che atto nella realtà a propagare “ le desiderate cognizioni. È facile, perchè i Catechismi si arrestano alla “ semplice esposizione dei dettati fondamentali delle scienze : è pronto, “ perchè anche i vecchi Parrochi possono trovarsi nel grado d’ istruirsi « in faccende di pura pratica, ed affidare il trascendentale della scienza « alle speculazioni dei dotti : non è dispendioso perchè in ciascun Col“ legio ogni maestro di filosofia impiegar potrebbe giornalmente mezz’ora “ e non più por ammaestrare nello riferite dottrine i novelli candidati “ alla cura delle anime: è generale, perchè non havvi comune per pie« dolo che sia che non vanti il suo Curato, sempre in contatto coi filiani: è efficace, perchè non esiste un linguaggio tanto vigoroso nell’ anima “ dei popoli che superi quello dei ministri della religione L’idea semplice e buona ottima anzi nel tempo che volgeva non fece presa nelle sfere ufficiali; ebbe a conquistare, nondimeno, un corto favore presso il basso clero , quello cioè più affine al popolo ; e se ne rese fautore cosciente e versatile 1’ arciprete Mucci di Sepino , tenendo dal pergamo prediche agrarie in ogni domenica (452): prediche che produssero buoni risultati, e valsero inoltre a mettere in luce la gravità eccezionale del problema. Dal tramonto del secolo XVIII all’alba del XIX, fu dunque un perìodo di risveglio fecondo e di mirabile attività intellettuale: un periodo d'incubazione di tutti quei germi che dovevano scuotere il quietismo atavico delle masse, od imprimere un novello indirizzo a tutte le discipline dell’economia sociale, tra le quali l’agraria indubitabilmente primeggia. L’ agronomia, e di conseguenza 1' agricoltura , subirono gradatamente l’influsso rigeneratore. Si cominciò ad apprendere e comprendere (almeno dagli studiosi) che bisognava assimilare ed applicare alla pratica agraria i nuovi dottati delle scienze sperimentali, e svecchiarla di tutti quei sistemi e quelle consuetudini che la rendevano stazionaria, o già scarsamente rimuneratrice. Caratteristica era allora forse più che al presente la nostra provincia sotto il rispetto agricolo. Chiusa fra i monti degli Abbruzzi, i piani übertosi della Campania, le aspre giogaie dell’impervio Mateso, la Capitanata solatia e feconda , e il maro per breve tratto , nessuno dei prodotti delle provinole limitrofe era estraneo alla produzione delle sue terre. Le più disparate colture vi trovavano le condizioni favorevoli di terreno e di clima. Agli aranci ed agli ortaggi di Terra di Lavoro facevano riscontro, in minor copia, gli aranci e gli ortaggi del basso Biferno e di Campomarino; agli abeti ed alla produzione forestale dell’Aquilano e del Chietino, gli abeti della valle destra del Sangro e i faggeti del Malese; allo zafferano di Aquila e di Solmona quello non meno pregiato d’Agnone e di Vastogirardi; mentre Montenoro di Bisaccia e Ri patta (ora Mafalda) producevano ottimo riso che fuori del Contado forse non ora coltivato.