La critica e l'arte di Leonardo da Vinci

106 PARTE SECONDA

tere dei maggiori artisti nelle loro peculiari qualità, con un principio di eclettismo che può essere altrettanto dannoso all'artista quanto favorevole al critico. Perciò, quel che il Lomazzo dice di Leonardo ha un valore senza paragone con iutto il resto che fu scritto nel Cinquecento, e non nel Cinquecento soltanto.

La posizione storica di Leonardo, secondo il Lomazzo, è indicata in poche parole :

« Rafaello, per conseguir questa parte di nasconder l’arte, cedeva a Michel Angelo nella anatomia de i corpi, a Leonardo ne i moti divini, et celesti come di Christo, et della Vergine, e parimenti ne i lumi, e finalmente a Titiano nella prattica di colorare » (1).

La felice intuizione storica di Giorgio Vasari aveva già prodotto il suo effetto : Leonardo, secondo il Lomazzo, non è più soltanto l’iniziatore della « terza maniera », ma è un pittore del Cinquecento che ha i suoi caratteri, alla pari coi maggiori compagni. Nè basta : il campo dei confronti si è allargato. Il Vasari aveva valutato gli artisti dell’Italia settentrionale col paragone degli artisti dell’Italia centrale, specie di Toscana; non mai viceversa. Il bel colore dei Veneziani era stato ammirato dal Vasari, con il consueto rimpianto per l’indebolito disegno. Per il Lomazzo invece la « pratica di colorare » diviene di per sè una delle perfezioni della pittura. Egli può quindi proporsi il problema dei limiti cromatici di Leonardo, cui il Vasari non poteva pensare, per la convinzione dell'unica perfezione disegnativa. Infine, non nella facilità, non nel disegno, non nel colore, il Lomazzo indica i caratten artistici di Leonardo, bensì nei « moti » e nei « lumi ».

Nel moto « consiste lo spirito, et la vita dell’arte; onde i pittori lo sogliono dimandare hora furia, hora gratia, et hora

(|) Tempio, p. 146.

—r_—_—_ ro ——_——————_———6—m—— ————— ttt i iii sò°Ay gg :; E; GG