La critica e l'arte di Leonardo da Vinci

ioni nina

LA TRADIZIONE CRITICA SULL’ARTE DI LEONARDO JatZi

« genere ritratti », per ripudiar dalle « storie » il panneggio veneziano, che altro non era se non un esempio perfetto della realizzazione della luce nel colore. D'altra parte, proprio perchè nello stesso tempo rifiuta il colore veneziano e la forma michelangiolesca, proprio per questo il Lomazzo è l'interprete di Leonardo. Le limitazioni del pittore si traducono nelle convinzioni passionate del critico.

Persino Tiziano egli vede a traverso Leonardo: «I lumi altresì si debbono soavemente dimostrare con certa maniera, che non vi paia troppa unione, ne dilatatione, ne ancora certe schizzate di pennello, et cotali fierezze che sono estremi i quali non danno a l’opera gratia, ne lode alcuna in quanto a loro. Perchè l’una mostra troppo stento, et passione, et l’altra troppo prestezza, et prattica, però si hanno da dispensare, et distribuire a lochi suoi, riguardando sempre intentamente nel naturale con i debiti modi. In questa consideratione fu principalissimo Leonardo, e Raffaello, et per prattica Titiano » (1). Eppure Tiziano non rinunziava davvero ai tocchi di colore : non li vede il Lomazzo, per potere elevare la pratica al grado

della sapienza di Leonardo. i D'altronde, che il Lomazzo abbia una coscienza errata della funzione del colore nell’arte, s'intende facilmente là dove egli vuol definire la « virtù del colorire » : non solo per lui il colore vale per ingannare l’occhio coll’illusione della realtà — e a questo proposito ingenuamente inventa leggende relative a Gaudenzio, Peruzzi, Mantegna ecc. sulla falsariga delle leggende greche —; ma anche il colore « è niente da se senza l’aiuto dell’altri » elementi della pittura (2). Colori trasparenti egli ama «sopra le abbozzature à dar

il lustro a quelle cose che lo ricercano : per il che si adopera

(1) Tempio, p. 147-8. (2) Trattato, p. 187 e 189.