La critica e l'arte di Leonardo da Vinci

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LA TRADIZIONE CRITICA SULL’ARTE DI LEONARDO 119

boschi, cave et spelunche (Vergine delle rocce); accioche elle rispondano meglio all'occhio, facendo il campo che non sia mischiato di rosso, nè di verde ma di color taneto et oscuro si come si usa appresso gl’eccellenti pittori, et intelligenti » (1). Non si potrebbe essere più espliciti : il colore è riportato alla sua pura funzione luministica.

Infine, poichè l’effetto di luce e d'ombra tiene conto del colore quando tende al chiaro più che quando tende all'oscuro, il Lomazzo afferma che Leonardo è stato a tutti superiore appunto perchè « nel dar il lume mostra che habbi temuto sempre di non darlo troppo chiaro, per riservarlo à miglior loco et ha cercato di far molto intenso lo scuro, per ritrovar li suoi estremi» (2). L'osservazione era facile, ed era stata fatta anche dal Vasari; ma la ragione visiva della preferenza di Leonardo per lo scuro fu intesa non dal Vasari, sì dal Lomazzo: « Et tanto più quanto le pitture sono lontane, maggiormente vanno allumate, et riccacciate di scuro » (3). Ingenuamente, attribuisce alle pitture la posizione assunta dalla realtà nella visione del pittore. Perchè si tratta appunto della visione lontana, della visione essenzialmente pittorica, contrapposta alla plastica che è visione vicina: di quella che Leonardo dichiara esplicitamente di amare.

Ogni epoca ha il suo linguaggio; e può darsi che il linguaggio del Lomazzo non ci basti più. Per valutare il concetto ch'egli ebbe dell’arte vinciana, occorre quindi rinunziare a un'adesione assoluta, ma comprenderlo sulla base delle esperienze critiche di cui poteva disporre. Scritti, disegni, pitture di Leonardo, in perfetta armonia, concorsero a vicenda a spiegarsi a lui. Da altri scritti nulla attinse il Lomazzo, se non la posi-

(1) Trattato, p. 475. (2) Tempio, p. 51. (3) Trattato, p. 337.

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