La critica e l'arte di Leonardo da Vinci

120 PARTE SECONDA

zione storica assegnata dal Vasari. Ma da altre pitture attinse assai: Raffaello, Michelangelo, Correggio, Tiziano si erano nel frattempo elevati davanti gli occhi di tutti, mostrando affinità e contrasti con l’arte di Leonardo. Sopra tutto due princìpi opposti erano simboleggiati in Roma e in Venezia : la forma e il colore. E già si tentava a più riprese di contemperare o di accordare i due princìpi. Da tali contrasti, da tali ricerche di accordo, derivò al Lomazzo l’occasione per intendere come appunto Leonardo, tanti anni prima, fosse arrivato a un accordo tutto suo, sulla base di un principio diverso da i due che tenevano allora il campo : la luce. E la conclusione fu che l’arte era moto, il moto era luce, la luce era colore e non forma, la luce era visione pittorica, la luce era Leonardo. Cercò di estendere il suo apprezzamento a tutto ciò che era conforme al principio di Leonardo, e cercò di ripudiare tutto quello che non era conforme. E quindi non capì troppe cose. È vero: la colpa non fu sua. Credeva di poter fare soltanto, e a lui si chiedeva soltanto, un trattato dell’arte della pittura. E però non poteva scrivere una storia dell’arte di Leonardo.

* E

La fama del trattato di Gian Paolo Lomazzo fu grande nel Seicento e nel Settecento, per quel che conteneva di più debole, vale a dire la simbolica, l’astratto concettismo, le formule psicologiche. Le sue fini, e talora profonde, osservazioni artistiche furono considerate ricette tecniche e nulla più. Nella cultura predominò incontrastato Giorgio Vasari.

Perciò, anche Gian Battista Armenini (1) si esalta per Leonardo, ma non sa se non ricordarne i caratteri psicologici tratti dalla realtà e drammatizzati, e i pregi della scrupolosa

(1) De’ veri precetti della pittura. In Ravenna, MDLXXXVI, pag. 74. 132, 143, 172, ecc.