La critica e l'arte di Leonardo da Vinci

LA TRADIZIONE CRITICA SULL'ARTE DI LEONARDO 121

finitezza. E Federico Borromeo (1) vede nella « Cena » di Leonardo sopra tutto le « metoscopiae leges » applicate con rigore scientifico alle fisonomie per suggerire sentimenti. Egli descrive i particolari fisionomici, e teorizza : « Quae naturae signa sic attigi, ut pictores nostri admonereniur, non esse cognitiones istas extra artis fines, quam factitant, et nihil erraturos eos, si studii multum in hoc etiam genere sibi esse consumendum putabunt » ; idee più astratte delle intenzioni espresse nei trattati del Vinci e del Lomazzo, e che preparano già il terreno favorevole a libri come |’ « Expression des passions » del Le Brun, o anche « The expression of the emotions in Man and animals » di Carlo Darwin.

A deviare vie più le menti dall’intelligenza dell’arte di Leonardo concorsero alcuni fatti esterni, fra cui la rapida rovina del « Cenacolo » delle Grazie, onde la impossibilità per gl’Italiani di conoscere opere autentiche del maestro, e il desiderio di attribuirgli opere mediocri e cattive.

Fu per queste ragioni pienamente disorientato Francesco Scannelli (2), che pure aveva girato l’Italia tutta; così che se egli ripetè per tradizione che Leonardo fu ad ogni altro pareggiabile « nello studio, gratia, e bella idea di teste, ed espressiva de’ più propri affetti », dichiarò anche di non credere alla perfezione di Leonardo perchè superato da Raffaello, da Tiziano e dal Correggio. Con che veniva a finire anche la conoscenza della posizione storica del maestro.

Più giusta, eppure sempre fredda impressione, ricavò Luigi Scaramuccia (3) dalla visione della « Vergine delle rocce »

{1) Museum (1625) in Symbolae Litterariae Opuscula Varia, Romae, 1754, vol. VII, pag. 130.

(2) Il Microcosmo della Pittura. In Cesena, MDELVII, L. I, c. VI, pag 40 e seg.

(3) Le finezze de’ pennelli italiani. In Pavia, 1674, p. 138.