La critica e l'arte di Leonardo da Vinci

138 PARTE SECONDA

ove non entrano le sue divinazioni di vasta umanità, e la visione d'un mondo infinito. Sembra agli altri ch'egli ricerchi uno scopo che la pittura non potrà raggiungere mai. La bellezza fisica sembra costreita e imbruttita nello sforzo. Ma giunge a Leonardo il momento di benessere, che è il momento dell’invenzione. Appena l’idea gli diventa forma e colore, del suo mistero nebuloso non resta se non un mistero grazioso e addolcito; e la pittura accarezza gli occhi mentre soddisfa l'animo.

Il Pater giunge così a riportare il problema morale al problema estetico, in una forma che, se anche qualcosa concede al preconcetto del mago, e trascura di vedere il modo, il processo dell’attuazione dell’opera d’arte, pure rivela l’interpretazione del mondo propria della pittura vinciana, sotto un aspetto assai più vicino al pittore, che non sia quello pensato dal Taine. Il filo anzi che conduce la mente del Pater è così sottile, che somiglia stranamente a quello di Leonardo stesso; onde nasce il celebre passo, che è un capolavoro a parte in tutta la storia della critica d’arte: l’interpretazione della « Gioconda » :

«Fin dall'infanzia di Leonardo noi vediamo quell’imagine defimrsi nella struttura dei suoi sogni; e se non vi si opponesse l'esplicita testimonianza storica noi ben potremmo imaginare che questa fosse non altra che la sua donna ideale finalmente incorporata e raggiunta...

« L'apparizione che così stranamente sorge fra le correntie delle acque esprime ciò che nel corso di un millennio gli uomini pervennero a desiderare: suo è il capo sul quale « convergono tutte le finalità del mondo » e le palpebre ne sono un poco appesantite. È una bellezza che procede dall'interno e s'inscrive nella carne — ricettacolo, in ciascuna sua cellula, di pensieri strani di fantastiche divagazioni di passioni squisite. Avvicinatela per un istante alle candide deità feminee della