La critica e l'arte di Leonardo da Vinci

142 PARTE SECONDA

poi Leonardo ad inoltrarsi in questo studio, corona suprema dell’arte, ch'egli davvero ci appare smarrire il suo scopo, intento solo a gettare le fondamenta di un nuovo, grande e ancor non mai ideato edificio scientifico. Veggasi, tuttavia, com’egli, anche nello scrivere, tentando e ritentando, ricerca la perfezione della forma; com’egli artisticamente si distrae, volando da una ricerca all'altra, come farfalla che vola di fiore in fiore, in quei suoi grandi frammenti di scritture e di disegni; e quale mescolanza bizzarra di acutissime indagini, di studi e di esperienze è nei codici e nelle carte scritte che ammucchia... Il capriccio dell'artista, ch'era pure un fenomeno di pazienza, disgrega e frantuma l’opera dello scienziato ».

La dissociazione ch'era stata compiuta dal Rio, e aggravata dal Taine, sebbene intuitivamente superata dal Pater, e logicamente ricomposta dal Séailles, doveva riapparire di recente e suonare condanna a Leonardo.

La sua irreligiosità, contradetta dal Brun (1), induce il Suarés (2) a negare il valore della « Cena ». E la tradizione di Leonardo mago spinge il Wolynski a negare ogni sanità non solo al cuore ma anche alla mente di Leonardo. Davanti la « Gioconda », egli « si sente spiacevolmente colpito da questo strano sorriso, che gli sconcerta il cervello, e gli suscita delle immagini intellettuali complesse ed incerte. Qualche cosa di malefico come un veleno nascosto gli paralizza ed annulla tutte le sue sensazioni, che nel loro sorgere si dissolvono nella secca nebbia del ragionamento. Qui l'artista gli si svela per la prima volta come il più tipico rappresentante di quella complessa epoca della storia, che per la sua importanza d’evocare un

(I) CarL BRUN. Die Quellen zur Biographie Leonardos und sein Verhéltnis zu Gott und den Menschen in Festgabe fiir Hugo Bliimmer, Ziùrich, 1914.

(2) Suarés. Voyage du Condottiere vers Venise. Paris, Cornelis, 1910.