La critica e l'arte di Leonardo da Vinci

LA TRADIZIONE CRITICA SULL’ARTE DI LEONARDO 147

Il colore dunque è un superamento del chiaroscuro, in base al presupposto dell'identità fra colore e verità.

Per esempio, una colonna bianca che il sole veda e non veda (per dirla col Vinci), sarà dipinta da Leonardo e da Rembrandt in modo da lasciare apparire agli estremi il massimo bianco e il massimo nero, graduati nel centro. Invece il Turner fissa il grado più alto della luce, e impallidisce appena la parte scura, in modo da suggerire poco, delicatamente, la rotondità dell'oggetto. Paolo Veronese, per rispetto al colore locale, abolisce l'ombra, e attua un piano sottile che non rotondeggia ma si distacca, come massa bianca, dagli oggetti che attorniano. Egli cioè non rispetta l’impallidir del colore ; il Turner sì, pur mantenendo i colori anche nella parte scura ; invece Rembrandt e Leonardo adoperano un sistema che presenta lo svantaggio di non mostrare il colore locale nella parte scura, perchè si smarrisce nell’eccessivo nero (I).

Il Ruskin sa che « tutte le forme di arte vera consistono in una certa scelta compiuta fra le varie classi di verità, una parte delle quali deve essere rappresentata e un’altra necessariamente esclusa; anzi l'eccellenza di ogni stile dipende dalla coerenza o perfetta fedeltà verso le verità scelte, e in secondo luogo dalla ampiezza della sua armonia, cioè dal maggior numero di verità ch'esso riesce a conciliare, e dalla coscienziosità con la quale le verità escluse vengono presupposte anche se non sono rappresentate » (2).

Ma come ciascuno di noi sceglie le proprie compagnie, fra le migliori o le peggiori, così i grandi artisti possono essere veduti in due gruppi: v'è chi dipinge con rispetto al colore locale — Paolo Veronese, Tiziano, Tumer —, e chi per amore alla luce e all’ombra non rispetta il colore — Leonardo,

(1) Modern Painters, London, Allen, vol. IV, 45. (2) Op. cit. loc. cit.