La critica e l'arte di Leonardo da Vinci

36 PARTE PRIMA

delle capre de le quali lui era guardatore; e così cominciò a fare tutti li animali che nel [paese trova |va in tal modo, che questo dopo molto studio avanzò non che i maestri della sua età, ma tutti quelli di molti secoli passati. Dopo questo l’arte ricadde, perchè tutti imitavano le fatte pitture, e così di secolo in secolo andò declinando, insino a tanto che Tomaso fiorentino, scognominato Masaccio, mostrò con opra perfetta come quegli che pigliavano per altore altro che la natura, maestra de’ maestri, s'affaticavano invano » (I).

Assai notevole è la successione del fenomeno storico nella mente di Leonardo : imitatori e poi Giotto; di nuovo imitatori e poi Masaccio. Letteralmente la successione sembra : manierismo e poi naturalismo; di nuovo manierismo e poi naturalismo. Ma altrove si è dimostrato che per naturalista in arte Leonardo intende la personalità contrapposta all’imitatore. Onde la successione diventa : imitatori e poi una personalità; di nuovo imitatori e poi una nuova personalità.

Quindi, il concetto che Leonardo ha della storia della pittura fiorentina assume un carattere di perfetta critica d’arte: la personalità sola, quella che impronta di sè le proprie creazioni e nulla concede alle abitudini imparate nella scuola, quella sola infatti conta nella storia dell’arte.

Leonardo non conosce i grandi artisti non fiorentini, e non li cura. Limitato a Firenze, il suo abbozzo di storia è impeccabile.

Ed è assolutamente personale. Certo l’orrore per l’arte antericre a Giotto era comune a Firenze da quasi due secoli; già ebbe ad esprimerlo Giovanni Boccaccio (2). E la decadenza successiva a Giotto era stata constatata nel Trecento, per esem-

(1) Codice Atlantico, 141 r.; Richter 660. (2) Per questa e per le citazioni successive sulla critica d'arie nei secoli XIV e XV rinvio a un mio articolo ne L'Arte, XX (1917), pag. 305 e seg.