Bibliografia Vichiana I
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SCIENZA NUOVA PRIMA
versando col fiorentino napoletanizzaio Bartolomeo Intieri (16771757), il quale, pure amministrando con la maggiore onestà i beni che i Corsini possedevano nel Regno, aveva potuto, tanto erano cospicui, da povero farsi ricco. Certo è che, propiziatosi a Roma, mercé i buoni uffici del già mentovato abate Biagio Garofalo (v. sopra p. 30), il futuro cardinale, e allora semplice prelato di curia, Filippo Maria Monti da Bologna (1675-1754), al quale inviò anche tutte le sue opere anteriori, il Vico lo indusse a pregare il Corsini di accettare la dedica ( Opp., V, 180-82). E certo è altresì che, premurato non solo dal Monti, a cui il 18 novembre 1724 il filosofo aveva mandato una prima stesura di siffatta dedica, ma anche da un ex-discepolo del Nostro, Francesco Buonocore da Ischia, allora medico pontifìcio, il Corsini, qualche giorno prima del 15 decembre 1724, fece pervenire all’ autore della Scienza nuova risposta pienamente affermativa (cfr. la lettera di ringraziamento del Nostro, in Opp., V, 182-83). Ignorava forse che, per la già mentovata consuetudine, risalente, del resto, quasi all’ invenzione stessa della stampa, accettare la dedica d’ un libro significava, come scriveva il Cervantes nel XXIV capitolo della seconda parte del Quijote, « essere obbligati alla ricompensa, che pur sembra dovuta alla fatica e alla cortesia degli autori» ? e che codesta «ricompensa», in quei tempi privi di vere e proprie case editrici, assumeva forma di un contributo più o meno largo alle spese di stampa ? La cosa sembra difficile, giacché vittime più frequenti di consimili frecciate letterarie erano precisamente i cardinali. Comunque, il Vico interpretò l’accettazione nella guisa a lui più favorevole : onde, compiuto il lavoro nel manoscritto, officiò o fece officiare il Corsini a mantenere l’implicita promessa. Ma la risposta (20 luglio 1725) fu che, a causa di « molte esorbitanti spese » sostenute nella sua diocesi di Frascati, il porporato non aveva modo di secondare l’istanza (Vico, Opp., V, 183-84). L’inatteso colpo riuscì al filosofo tanto più doloroso in quanto, sfumato quel sussidio sperato, non gli si presentava alcuna possibilità di stampare integralmente un manoscritto riuscitogli così voluminoso da constare «presso a cinquecento fogli», ossia a un migliaio di pagine della sua fitta e minuta scrittura, le quali—osserva egli stesso {Opp., V, 48, e cfr. p. 71) « arebbono occupato due giusti volumi in quarto ». (Parentesi.