Bibliografia Vichiana I
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COLGRIDRK
stampa come nelle lettere private e segnatamente nei discorsi conviviali e non conviviali. In quel tempo appunto egli andava stampando gli Aids to reflection. E nel verso della carta contenente l’indice delle materie trascriveva, con una sua glossa e qualche lieve variante, da\V Autobiografia (Opp., V, 40) il tema della dispersa prolusione del 1719 (v. sopra pp. 126-27) : « Omnis divinae atque humanae eruditionis elementa tria, nosse, velle, posse, quorum principium unum mens ( glossa : « sive spiritus »), cuius oculus est ratio, cui lumen praebet Deus ». II 25 maggio del medesimo anno, tornando da un colloquio col suo editore Hessey, che, balbuziente, procurava di correggere quel difetto, ripensò, trovandola giusta, alla degnità vichiana (Opp., IV, capov. 228) : « I mutoli mandan fuori i suoni informi cantando, e gli scilinguati pur cantando spediscono la lingua a prononziare ». E aggiungeva a conferma d’avere egli medesimo fatto esperienza che i fanciulli, nell’imparare a leggere, balbutirebbero, se non si prevenisse codesto difetto col far loro modulare e quasi cantare le singole parole. Il 16 giugno 1825, mentre s’intratteneva a Highgate col sopramentovato Crabb Robinson, con Basilio Montagli, con Edoardo Irving e col Prati, cominciò col ricordare un detto del medesimo Prati : che il vecchio panteismo dello Spinoza valeva più di quell’ « ipocrisia del materialismo » eh’ era il teismo allora in voga. Portò poi la conversazione sulla Scienza nuova, della quale aveva terminato allora la lettura del terzo libro. E, dopo avere messo in rilievo che il Vico aveva anticipato le teorie omeriche del Wolf, richiamò l’attenzione sullo stupendo passo del secondo libro (Opp., IV, capov. 668) in cui il filosofo napoletano descrive le condizioni di vita della plebe romana dei primi secoli : condizioni che il Coleridgeattingendo forse a notizie inviategli dal nipote e futuro genero Enrico Nelson Coleridge, allora segretario dell’altro suo nipote Guglielmo Kart Coleridge, primo vescovo di Barbados paragonò a quelle dei negri lavoranti nelle piantagioni delle Indie occidentali. Qualche mese dopo, s’impegnava col Montagu, che allora appunto cominciò ad apprestare la sua edizione delle opere di Bacone, a tradurre per lui il Novum organum e a consacrare al lavoro i mesi della sua solita villeggiatura autunnale a Ramsgate. E, memore dell’ammirazione manifestata dal Nostro