Bibliografia Vichiana I
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COLERIDGE
suocero, osservava che il Coleridge, pure non avendo letto mai i Prolegomena del Wolf, era giunto tuttavia alle conclusioni del filologo tedesco dopo un’attento studio della Scienza nuova : « non perché diceva il Coleridge al nipote, via via che questi gli veniva esponendo a voce la trama dell’ opera volfiana il Vico abbia ragionato intorno ai poemi omerici con dottrina e accuratezza pari a quelle che voi riferite del Wolf, ma perché egli ha dato risalto ai principali argomenti al riguardo, che io poi sono stato in grado di compiere facilmente col mio solo ragionamento». Ch’è come dire che in talune pagine della Discoverta del vero Omero sarebbero in nuce interi interi i Prolegomena. Il 23 aprile 1832 scriveva al genero-nipote che, nel valutare il Vico (così come, del resto, qualunque grande uomo le cui « discoverte » fossero inquinate da errori), non bisognava dimenticare mai ch’egli era un « papista » vissuto a Napoli intorno al 1720. A quali più alte vette sì domandava—quel papista non sarebbe asceso, qualora fosse venuto al mondo un secolo più tardi e si fosse potuto avvalere dei tanti progressi compiutisi nelle scienze fisiche ? Comunque, consigliava di studiare, dopo il Vico, la Spinoza, tra il quale e il Nostro trovava questa differenza : che, secondo l’uno la società tende alla monarchia, secondo l’altro alla democrazia. Senonché in altra lettera allo stesso del 9 aprile 1833 mostrava la più ferma convinzione che le nazioni europee, nella loro maggior parte, s’avviassero alla monarchia pura, cioè a una forma di governo nella quale, « attraverso modalità di un complicato e ingegnoso controllo, la ragione del popolo diverrà efficiente nell’ apparente volere del re ». Al che il Nelson Coleridge apponeva la postilla: «Questo è un attenersi al Vico contro lo Spinoza ». Il 29 ottobre 1833, in una lettera al Prati col quale da qualche anno non aveva avuto contatti e di cui, anzi, aveva appreso il nuovo indirizzo soltanto attraverso una lettera inviata dall’ esule trentino al Times in difesa di Filippo Buonarroti gli diceva tra 1’ altro di non potergli restituire la Scienza nuova, perché un amico (ossia il genero-nipote), a cui la aveva prestata, la aveva portata con sé nel Devonshire, ma d’essere ben pronto ad acquistarne e fargliene tenere un altro esemplare, ovvero libri di valore eguale. Nel giugno 1834, poco prima di morire, si recava a Cambridge col Green e col Gillman pel famoso meeting dell’As-