Bibliografia Vichiana II

viltà, elevò a unico criterio dei suoi giudizi moralistici, di rado assolutori, più spesso severamente condannatori. Pertanto, allorché negli anni 1842*45, sulle orme di sant’Agostino e del Bossuet, si diè a comporre anche lui, come si diceva allora, una filosofia della storia, ossia quel compendio di storia universale, dedotta da un principio generale, che furono le Meditazioni storiche , mirò principalmente a queste due cose : a porre d’ accordo i risultati dei più recenti studi geologici e filologici col racconto di Mosè e ad armonizzare la concezione cattolica con la teoria del progresso. Ognuno immagina quanta sofisticità di argomentazioni egli dovesse adoperare per raggiungere il primo scopo. E, circa il secondo, gli piacque fantasticare im’« essenzial differenza» tra il mondo precristiano e quello cristiano ; 1’ uno « incamminato nelle vie dell’ errore e destinato quindi a progredire in esso», ossia a corrompersi ; l’altro. partito dalla rivelazione, cioè « dalla verità, ed incamminato in una via di virtù e di progressi indefiniti ». Naturale, dunque, che il Balbo, al tempo medesimo che rigettava tutta la filosofia moderna, quale s’era venuta svolgendo dal Rinascimento ai giorni suoi, manifestasse assai poca benevolenza al Vico ; e anzi, mostrandosi con ciò più acuto o più consequenziario di altri seguaci della scuola cattolico-liberale, vedesse nel filosofo napoletano non già, come il Tommaseo, il Cantù e altri compagni di fede, lo scrittore cattolico, ma, alla guisa medesima del Finetti e degli altri critici settecenteschi della Scienza nuova (v. sopra, pp. 264-67), il pensatore più o meno eterodosso e quindi pericoloso. Già nelle Meditazioni , dopo avere posto il principio che < la filosofia storica antica è tutta diversa dalla cristiana » e che « voler seguire quella in mezzo alla cristianità, volere adattare quella a’ fatti adempiuti in questa, è contrattempo, inopportunità, error logico e storico il maggiore di tutti », aveva trovato che in codesto errore, insieme con « quasi tutti gli storici filosofici e i filosofi storici italiani e stranieri » (Machiavelli, Montesquieu, Gibbon, ecc.), era cascato « molto sovente » il Vico « in quella sua Scienza che chiama nuova , ma che non è insomma se non la antichissima, e troppo antica in lui, della filosofia storica». Che anzi è detto in altro punto delle medesime Meditazioni il Machiavelli, il Vico eil Montesquieu, «. posti al punto di vista degli antichi, in faccia ad oppositori nuovi, riuscirono più chiari, più compiuti che non gli stessi antichi » nello svolgere una tesi che in Tito Livio, Tacito e altri storici dell’antichità classica è più implicita che non esplicita: che «avesse peggiorato e fosse per peggiorare sempre in virtù Fintiero genere umano » ; che « peggiorasse naturalmente ogni nazione quanto più s’inciviliva » ; che la corruzione fosse « conseguenza inevitabile della civiltà » ; e che « avessero perennemente a succedersi le une alle altre nazioni ne’ loro periodi di rozzezza, civiltà e corruzione ». E nel Sommario , pure ammettendo che nel secolo decimottavo l’ltalia

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BALBO