Bibliografia Vichiana II

di pagine (I, 385-94) della Storia d'ltalia dai tempi più antichi all’invasione dei longobardi (Firenze, 1851-55). Di certo, il Vannucci sa bene che, con le demolizioni compiute dal De Pouilly e dal De Beaufort nella storiografia di Roma antica (v. sopra pp. 211-12 e 239-41), « la critica storica non erasi peranco elevata a sistema filosofico » : onore riservato al Nostro. Riconosce che, « un secolo prima dei tedeschi », il Vico aveva compiuto già le principali scoperte romanistiche a cui costoro giunsero a poco a poco. Osserva, infine, che in codeste ricerche egli è « profondo e sublime », e, « quando parla di Roma, tu lo diresti ispirato ». Ma, intanto, quando è costretto a prendere partito tra i racconti tradizionali di Livio e Dionigi e i risultati della critica del Vico e dei suoi prosecutori ottocenteschi, il medesimo Vannucci professa (1,400-401) che per lui « la storia romana, quale la scrissero gli antichi non è tutta né una poesia né una favola » ; che « vi sono incongruenze e finzioni negli antichi racconti, ma ciò solamente nei particolari » ; che « la sostanza dell’antica storia romana è vera, quantunque abbellita di ornamenti meravigliosi e di giunte inevitabili », ecc. Che postilla il Croce ( Storiografia italiana nel secolo decimonono, I, 196) è « una soluzione, quanto eclettica, altrettanto comoda ». 4. Un estremista della storiografia nazionalistica : A. Mazzoldi. Ora direttamente al Vico, ein particolar modo alle rifiutate ipotesi storiche del Liber metaphysicus , ora al Platone in Italia del Cuoco, sembra s’ispirasse più d ? una volta Angelo Mazzoldi da Montichiari di Brescia (1799-1864) nel fantasioso romanzo nazionalistico sotto specie di storia, che gli piacque intitolare Delle origini italiche e della diffusione dell incivilimento i taliano alVEgitto , alla Fenicia , alla Grecia e a tutte le nazioni asiatiche poste sul Mediterraneo (Milano, 1840). Vicinano è indubbiamente il tipo di prove sulle quali l’autore si sforza di appoggiare le sue congetture, e che, naturalmente, non possono essere se non etimologie così fantasiose da ricordare, più che le etimologie vicinane (pure peccanti talora in codesto senso), quelle, fantasiosissime e sforzatissime, escogitate alla fine del Seicento, a sussidio di tesi pangotistìche, dal danese Olfs Rudbeck (1630-1702) e condannate, appunto quali espressioni, al tempo stesso, di « boria dei dotti» e di « boria delle nazioni », dalla seconda Scienza nuova (Vico, Opp., IV, capov. 430). E ampliamenti o, piuttosto, deformate esagerazioni di questa o quell’ipotesi del Nostro si direbbero nel Mazzoldi l’identificazione dell’Atlandide platonica (che il Rudbeck, a sua volta, aveva identificata nella penisola scandinava) nell’ltalia preistorica; il far derivare la moderna parlata italiana della lingua etrusca, madre altresì del latino, del greco, dell’aramaico e di tutte le lingue orientali; il supporre italici Omero, Pitagora e Orfeo; e, ch’è più, l’affermare un’antichissima civiltà italica, che non è se non 1’ antiquissima italorum sapientia del Liber

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VANNUCCI - MAZZOLDI