Bibliografia Vichiana II

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BLANCH

altresì nell’anzidetta Miscellanea , poneva in forte rilievo in un articolo preparato per la Revue européenne del 1824 e nel quale faceva notare che codesto abito di pensiero, « qui avait formé de tout temps le caractère de la philosophie napolitaine », era stato da due secoli d’ oppressione « rendu plus audacieux », finché nel secolo decimottavo prese corpo nella polemica a favore delle riforme politiche e sociali. Per altro, è da notare col Croce che « quell’agnosticismo, che il Vico professò nella prima fase del suo pensiero, e che nella seconda, della Scienza nuova , ritenne di fronte alla natura e a Dio, ma del quale corrose in questa le fondamenta stesse col principio gnoseologico della conversione del vero col fatto, di cui si valse per il conoscere storico, tornò nel Blanch senza il ricco processo logico che il Vico svolgeva e, senza questo principio fecondo e rivoluzionario, pesò grave sul suo spirito, di gran lunga meno possente, impoverendosi in una sorta d’inerzia e d’accasciamento ». A ogni modo, pure tra codesti limiti, l’efficacia del Vico si riscontra potente in nove discorsi pubblicati già nel Progresso dal 1832 al 1834, e riuniti poi nel volume Della scienza militare considerata nei suoi rapporti colle altre scienze e col sistema sociale (Napoli, nella tipografia Porcelli, 1834): volume eh’ ebbe anche una « seconda edizione corretta ed accresciuta di una prefazione » (Napoli, presso la libreria francese di Stefano Dufrène, 1842). Ove il Blanch, pure errando nell’attribuire al Vico « un’opera intitolata Fonti del diritto » (intendeva parlare certamente del Diritto universale ), osserva, tra l’altro, giustamente che, poco compreso dai contemporanei, il Nostro « era destinato a brillare in un secolo ricco, per opera di lui, di storiche esperienze e in possesso di quelle idee intermedie, la cui mancanza rese il nostro illustre compatriota sì oscuro ai suoi tempi ». Lo studioso del Vico si scorge ancora di più in altri tredici discorsi, che, inseriti primamente nel Progresso del 1835, furono raccolti poi in un volume stampato in Napoli nel 1836 presso Angelo Trani e intitolato Miscellanea di economia pubblica , di legislazione e di filosofia. E invero più e più volte il Vico è mentovato nel discorso settimo, ch’è un’amplissima recensione del Rinnovamento della filosofia antica italiana del Mamiani Della Rovere (v. sopra p. 611), e in modo più particolare alle pagine 135-36, 142, 150, 161, 165-66, nelle quali ultime è istituito un notevole parallelo tra il Machiavelli e il Vico : tutt’e due (scrive il Blanch) menti sovrane; ma l’uno impigliato nell’ammirazione per gli antichi e nell’ amore del positivo, che, anche dopo lui, restarono principi fondamentali della scuola politica, prima toscana, poi generalmente italiana ; l’altro, invece, come libero dalla credenza superstiziosa nella « sapienza innarrivabile degli antichi », così mirante sempre, tanto « nelle sue luminose elucubrazioni » quanto « nei suoi errori stessi », a <; far trionfare i principi più alti sui fatti » e, per questo motivo, perfettamente neongiungibile ai filosofi dell’antica Eliade. Sovente, inoltre, il Vico è mentovato nei sei discorsi successivi, esibenti, nel loro insieme, una compiuta storia della legislazione dai tempi più antichi al secolo decimonono. Si vedano segnatamente le pagine 249, 292 e seguenti, e in modo ancora più particolare 478-80, nelle quali l’autore fa del Nostro il primo fondatore della scuola ch’egli usa chiamare « eclettismo », anzi « eccleticismo moderno ». Affermazione, quest’ultima, che ritorna in una seconda parte, inedita, di codesta storia legislativa.