Bibliografia Vichiana II

651

ANONIMO - GAR - MESSEDAGLIA

Sicilie del 15 ”> a ™ 1841, con prosecuzione nei numeri del 1° e 9 aprile, 6 maggio e 17 giugno del medesimo anno, una « prolusione prima », concernente, come suona il titolo, la Verità del diluvio universale mosaico , ch’è come dire una delle parti più caduche dell’opera vichiana. È probabile che sotto quest’innominato si celasse qualche uomo di sacrestia,, prosecutore di quella tale interpretazione cattolica del pensiero del Nostro, alla quale s’è accennato sopra (pp. 478-80, 588, 650, ecc.). A ogni modo, non solo a codesta « prolusione prima » non ne seguirono altre, ma anche essa prima, della quale si prometteva la fine in un prossimo numero del Giornale, restò interrotta. c) Il trentino Tommaso Gar (1808-71), nel trattare neh’Archivio storico italiano, appendice I, (1842-44), dello stato degli studi storici in Italia, riteneva (p. 244) che l’augurio del Manzoni (v. sopra p. 433) si fosse ormai adempiuto e « i semi della filosofia storica e della storia positiva gettati dal Vico e dal Muratori, fossero alfin germogliati ». Cfr, anche Croce, Storiografia italiana nel secolo decimonono, I, 16.

IV SCRITTORI POLITICI E GIURECONSULTI

A) NELL’ITALIA SETTENTRIONALE E CENTRALE 1. A. Messedaglia. E qui il luogo di ricordare Angelo Messedaglia da Villafranca di Verona (1820-1901) e la crisi vichiana determinatasi in lui nel giungere al diciassettesimo anno. Poiché dal 1830 al 1838 compì gli studi nel liceo veronese di Sant’Anastasia, tutto induce a supporre che colui il quale nel 1837 gli pose tra mano la Scienza nuova fosse quell’abate Rivato di cui s’è discorso sopra (p. 627). A ogni modo, quale effetto avesse su lui quella lettura è detto in un’importante lettera che il 3 dicembre 1838, studente universitario a Pavia, il Messedaglia scriveva al suo antico compagno di scuola Pietro Chinaglia, morto nel 1848 per ferite riportate combattendo contro l’Austria. E invero da quella lettera (pubblicata da Luigi Messedaglia nello scritto citato sopra a p. 627) si scorge chiaro che lo stadio dell’opera vichiana giovò a far liberare il Messedaglia così dalla « boria delle nazioni » come da quella « dei dotti », ossia tanto da qualunque preconcetto nazionalistico, razzistico e di simile genere, quanto dall’ammirazione per l’intellettualismo del secolo deciraottavo. Cose, I’ una e l’altra, tanto più notevoli in un ragazzo di diciassette anni in quanta tutti conoscono sino a quale punto i giovani del tempo erano già molto ben disposti a entusiamarsi dei non lontani (1842-43) deliri nazionalistici del Primato giobertiano(v. sopra pp. 587, 615-16) o anche di quelle che nella propaganda politica mazziniana erano propaggini di idee illuministiche del Settecento (v. sopra p. 617), delle quali, per altro, il