Bibliografia Vichiana II

Messedaglia, al tempo stesso che 1’ antiscientificità, scorgeva anche il grande valore pratico o politico. Probabile inoltre che quella giovanile übbriacatura vichiana, la quale, a suo dire, avrebbe suscitato nell’animo suo anche una « solitudine » e una « calma » che a taluno sembrava « egoismo freddo e calcolato », determinasse in lui l’amore grande che sin da giovane nutrì per Omero. Certo è che nel 1891 egli'comporrà un discorso SulVuranalogia omerica e nel 1901, alla vigilia della morte, un’ampia memoria su I venti, Vorientazione geografici e la navigazione in Omero : temi che avevano attratto già il Vico, il quale, pure con erudizione antiquata, ma non senza qualcuno dei suoi larghi sprazzi di luce, ne aveva trattato nella Cosmografia poetica , nell’ Astronomia poetica e nella Geografia poetica (Opp ., IV, capovV. 710-25, 727-81, 741-69). 2. Cibrario, Garzetti, Sclopis, Poggi. Vicheggiava, e forse senza saperlo, Luigi Cibrario (1802-70) quando nella sua Economia politica del medioevo, pubblicata primamente a Torino nel 1839, e tante volte ristampata poi, affermava che «la successione dei tempi deve considerarsi come un sol fatto, e la successione degli uomini come un sol individuo destinato a compierlo in quel modo che la divina Provvidenza ha stabilito ». Ma, conscio o inconscio, codesto vichismo restò in lui meramente intenzionale, essendogli il suo lavoro riuscito niente più che una bene informata cronaca. Per contrario, di un vichismo (conscio o inconscio) molto bene attuato, diè prova il trentino Giambattista Garzetti (17821839), quando nel libro Della condizione di Roma, d'ltalia e del!lmpero romano sotto gl'imperatori cioè della seconda parte, postuma, della più ampia opera Della storia d'ltalia sotto il governo degl’ imperatori, pubblicata a Padova nel 1839 delineava un quadro delle istituzioni romane dell’epoca imperiale, e soggiungeva d’essere stato condotto a ciò dai suoi studi sulla storia del medioevo, e segnatamente dall’essersi avveduto (precisamente come, sin dai suoi tempi, il Nostro) che molte istituzioni dell’età di mezzo, e anche di tempi assai più prossimi ai nostri, « non erano punto nate ai tempi della barbarie, ma traevano origine dalle istituzioni romane ». A ciò che s’è detto sopra (pp. 287 e 294) delle Recherches historiques sur Montesquieu di Federico Sclopis (1798-1878) va aggiunto che già egli aveva discorso del Vico, e non certo con simpatia maggiore, così nella seconda parte (Torino, Pomba, 1840, pp. 70-72) come nella parte terza e ultima (Napoli, Fibreno, 1860, pp. 178-80) della Storia della legislazione italiana.

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