Bibliografia Vichiana II

e del volteriano Gingaené. Ma, d’ altra parte, egli si mostra quale fu già ai suoi tempi il preromantico e puristico autore della Scienza nuova una sorta di romantico purista, quando vagheggia una storia letteraria che consenta di « tornare col pensiero al tempo giovanile della nostra letteratura e considerarla qual era ne’ primi nostri scrittori ». Sul Vico il Baldacchini tornò nelle pagine 336-39 delle Esercitazioni storiche sul secolo decimoterzo {Museo, nuova serie, anno 11, 1845, volume 11, pp. 322-51) : ove, nel ribadire la superiorità del Nostro sullo Herder, afferma che il primo vide meglio degli altri « la connessione che stringe le discipline filosofiche e filologiche »: il che, congiunto col suo cattolicismo, deve farlo « tener superiore anche allo Hegel, che gli potrebbe venir paragonato ». Di evidente derivazione vichiana (cfr. Vico, Opp., I, 94-95) è, nel medesimo articolo (pp. 339-42), una quasi diatriba contro ciò che, dopo il Voltaire, era divenuto lo stile francese, « inetto ormai scrive il Baldacchini, parafrasando parole vichiane ad esprimere con la varietà dei modi la varietà immensa delle passioni e il viluppo mirabile degli eventi umani », e pertanto inferiore allo stile italiano, atto ancora a « favellare con la splendida maestà dei latini e la schietta eleganza dei greci ». Va notato inoltre che, sempre nel medesimo articolo (pp. 342-43), il Baldacchini, al contrario del Blanch, che, come s’è visto (p. 644), faceva del Vico un precursore dell’ eclettismo cousiniano, ossia di ciò che in codesto eclettismo era penetrato dell’ idealismo postkantiano e particolarmente dello hegelismo, si pone contro la scuola razionalistica ed eclettica francese, la quale (dice) «si travaglia nel conciliare, senza conciliarli punto, il psicologismo cartesiano con l’ontologismo dello Hegel ». Qualche riecheggiamento vichiano, infine, pare d’ udire in una pagina polemica del Baldacchini contro la storiografia di tipo volteriano {Museo, anno 1845, volume VII, p. 329). Per passare ora a Michele, di lui va ricordato anzitutto un articolo su Vico e la sua dottrina, inserito nel sopramentovato Museo, terza serie, anno 1 (1856), volume 11, pp. 408-10 e volume 111, pp. 64-72. Ma già precedentemente egli aveva fatto menzione del Nostro nel Progresso del 1837 (XVili, 153) in un articolo sul Botta, e, che conta più, negli studi intitolati Alcune idee intorno a una teoria della certezza e Del certo nella storia e nel diritto {Museo citato, nuova serie, anno 11, 1845, volume V, pp. 139*51 e volume VI, pp. 10 49). Giacché il Baldacchini mostra d’avere inteso assai bene il problema centrale dello storicismo vichiano, quando, distinte nettamente storia e cronaca e dichiarata 1’ « arte critica delle testimonianze » affatto insufficiente a raggiungere la certezza storica, afferma, ancora più vichianamente, che vera storia è soltanto quella in cui « cogliesi o raggiungesi il certo punto in cui il soggetto e l’oggetto s’identificano tra loro, la cosa pensante e la cosa pensata »; sebbene, nel farsi poi a determinare codesta storia interna che portiamo in noi e con la quale rendiamo vere le testimonianze, egli si perda in soluzioni e aspettazioni fantastiche. Sui Baldacchini cfr., tra altri. Croce, nella Letteratura italiana nel secolo decimonono del De Sanctis e nella propria Storiografia italiana nel secolo decimonono, indici dei nomi, ad nomina. Di Saverio, inoltre, sono da vedere nel medesimo Museo, terza serie, anno I, 1856, volume 111, pp. 86-91, una recensione del libro del Di Carlo ricordato sopra ; i tre

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S. E M. BALDACCHINI