Bibliografia Vichiana II

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APPENDICE

/ 70), pubblicò la lettera nel 1783. A ogni modo, questa nel 1811 non era al certo « inedita », come, per una svista, si è asserito sopra (p. 484) : e r contrario tutto fa credere che il Cuoco desse al Bossi proprio un esemplare dell’opuscolo o estratto mentovato dal Minieri-Riccio. Per tornare, dopo questa breve digressione, agli scritti bio-iconografici, è da dare particolare rilievo al gruppo di quelli occasionati dalla statua del Nostro, lavorata nello studio di don Leopoldo di Borbone conte di Siracusa (fratello del re Ferdinando li), donata da lui al Municipio di Napoli e da questo, secondo il desiderio dell’ autore-donatore, elevata nella Villa Comunale, ove, cessata ormai l’usanza del buon tempo antico di andarvi a « sentir la musica » (cioè la banda comunale) e a sorbire un gelato, l’autore della Scienza nuova , che, d’altronde, amava molto i pargoli e voleva che venissero a lui, è restato nume tutelare quasi esclusivamente di fanciullini che ruzzano, di balie che li accompagnano e di soldati che amoreggiano con queste. Veramente, il monumento che lo ricorda non fu inaugurato prima del 21 ottobre 1861; ma, poiché gli scritti che io concernono ebbero inizio subito che se ne terminò la scultura, e anzi taluni la precederono e forse invogliarono quell’eccellente principe e consacrarsi alla sua fatica vichiana, giova, per non tornare due volte sull’argomento, elencarli tutti in questo luogo. Ecco anzitutto un opuscolo di 39 pagine in ottavo, prive di data topica e cronica, ma stampate a Napoli nel 1828 e recanti il titolo « Descrizione di un monumento alla memoria di Flavio Gioia , di Torquato Tasso edi Giovan Battista Vico , e per ricordare con onore i nomi di tutti gli illustri nostri concittadini, da potere aver luogo nella reai villa di Napoli nello spazio già occupato dalla chiesa di San Leonardo , ora terrazza sporgente sul mare. Progetto dell’architetto Pietro Valente napoletano ». (Parentesi : nella villa comunale nessuna statua fu elevata al non mai esistito Flavio Gioia e anche quella del Vico è allogala dall’ origine nel viale centrale presso la cosiddetta « cassa armonica », non nella « terrazza sporgente sul mare » o « loggetta a mare », che oggi non esiste più, perché assorbita nel 1881 dalla Riviera Caracciolo). Di un monumento da elevare al Vico si tornò a parlare in Napoli nel 1840 ; tempo in cui, in una strenna pel Capodanno, si legge un’ iscrizione di Michele Baldacchini (v. sopra p. 661) « per un monumento da innalzarsi in Napoli a G. B. Vico ». L’idea di quel monumento fu ripresa nel 1844 da Pasquale Stanislao Mancini, il quale, come appare da una sua lettera napoletana al Gioberti del 9 settembre di quell’anno, lo avrebbe voluto vedere inaugurato nel 1845 in occasione del settimo congresso degli scienziati italiani. Senonché il Mancini stesso, il 1° ottobre 1846, scriveva al medesimo Gioberti che quel disegno era « forse per abortire, colpa del tempo e delle condizioni del paese ». Sembra, per altro, che se ne discorresse ancora intorno al 1851, dal momento che in quell’ anno il napoletano Bernardo Quaranta (1790-1867) che coglieva tutte le occasioni per porsi in mostra e trattare meno che mediocremente de omnibus rebus et quibusdam aliis componeva per « sotto la statua di G. B. Vico » un’epigrafe inserita alla pagina 109 d’una « miscellanea di prose e versi » raccolta da un Alessandro Santini col titolo II quattordici agosto del 1851 (Napoli, Fibreno, 1851). Sia come si sia, nel 1859 il principe borbonico portava a compimento la sua fatica. Primo a discorrerne a stampa, e a dare una riproduzione