Bibliografia Vichiana II

l’opera sua, dichiarò meritevoli di essere serbati; d) una nota bibliografica sottoscritta dal Guber ; e) 749 brevi annotazioni, per lo più di natura erudita; /) un diffuso indice dei nomi di persone e di cose notevoli ; £•) altro indice (dato già dal Ferrari) dei passi aggiunti nella redazione del 1744; h) quattro zincotlpie esibenti un ritratto del Vico, il (come è detto nella didascalia) « villaggio Vico nel golfo di Napoli », il monumento del filosofo lavorato da don Leopoldo di Borbone, la « dipintura allegorica » premessa alla seconda Scienza nuova. il ritratto del Vico è riproduzione non già del solo che offra qualche garanzia di autenticità, ossia della copia, serbata in Arcadia, della dispersa tela dipinta da Francesco Soiimèna (v. sopra pp. 53, 216 e 812 e, qui appresso, il primo paragrafo della parte terza) bensì d’ una brutta litografia ottocentesca. Analogamente, della « dipintura allegorica » è stato riprodotto non il disegno originale, eseguito, sotto la direzione del Vico, dal suo amico Domenico Antonio Vaccaro (sopra, p. 49), ma una sconcia raffazzonatura di questo esibita, nelle sue edizioni, dal Ferrari. Quanto poi al « villaggio Vico nel golfo di Napoli », si tratta, naturalmente, di Vico Equense, che ha da vedere con l’autore della Scienza nuova quanto qualunque altro Vicus o Vico dell’antichità o dei tempi moderni. Per passare alla versione, io, naturalmente, non sono in grado di assodare se e fino a quale punto il testo sia stato inteso veramente dal traduttore. A giudicare da quanto del pensiero vichiano dicono egli medesimo e il suo collaboratore, non si potrebbe asserire che codesta comprensione sìa stata profonda. A ogni modo, ho potuto constatare che il Guber, pure prodigando elogi (di cui lo ringrazio) alle mie riedizioni del 1911-16 e del 1928, e pure riassumendo dal mio commento alla prima almeno 700 delle sue 749 annotazioni, ha poi tenuto presente, nella versione, la vecchia, superatissima e monca edizione del Ferrari, e sembra addirittura nella brutta ristampa a cura del Masieri (sopra, p. 57). Così del pari la traduzione-riassunto dell’ Autobiografia è condotta non già sull’edizione critica e annotata del Croce e mia (sopra, pp. 67-68), della quale il traduttore-riassuntore mostra d’ignorare 1’ esistenza, bensì sulla vecchia edizione del Ferrari, non meno lacunosa che spropositata. Non mi sembra che le poche note non riassunte dalle mie siano un modello di esattezza erudita. Per esempio, nel « Ricardo » mentovato dal Vico a proposito della grazia, del libero arbitrio e del giansenismo, il Guber vede «il teologo Francesco Richardot (1507-64) », ossia il noto vescovo di Arras, l’amico e successore del Cardinal de Granvelle, l’autore d’un famoso elogio funebre di Carlo V e, insomma, oltre il resto, un uomo morto più di vent’anni prima della nascita del Gìansenio (1585). Si tratta, invece, di « Antonius Richardus », pseudonimo del gesuita Stefano Deschamps (1618-1701), mentovato sopra (p. 910). Nella Nota bibliografica , tra altre asserzioni inaccettabili, non posso non segnalarne una, che dovrebbe sembrare sbalorditiva, dal momento che proviene da chi si presume conosca la lingua da cui ha tradotto nella propria circa seicento pagine. L’asserzione è che la Scienza nuova. modello di purismo toscanistico, .« non è scritta neppure in italiano, ma in un dialetto napoletano assai complicato ». Senonché cesserà ogni sbalordimento sol che si pensi che il Guber e il suo collaboratore sono

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