Bibliografia Vichiana II

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PREMESSA

l’importanza della storia nella vita così mentale come sociale. Sotto codesto aspetto, anzi, s’ andò così a fondo che, mentre si pregiava altamente nel Vico la precisione e tenacia con cui, precorrendo lo Herder, lo Hegel e i loro seguaci tedeschi, aveva negato nella storia il caso, l’arbitrio, il meccanismo, e affermato, per contrario, la perfetta razionalità di essa, si scorgeva altresì che, pure concependola, come si doveva, quale svolgimento, egli, tra le due forme possibili di questo quella circolare, ossia d’un progresso sfociante in un regresso e poi in un nuovo progresso, e così all’infinito, e quella rettilinea, ossia d’ un progresso continuo e indefinito s’ era attenuto alla prima, la quale, specie dopo la rivoluzione francese, ripugnava alla coscienza moderna. Tanto che da un lato si determinò l’opinione quasi generale che il Vico, come si prese a dire, avesse « ignorato la dottrina del progresso », e, d’altro canto, s’ebbero le difese di taluni, ai quali una qualche concezione di questo sembrava di scorgere altresì nella teoria dei corsi e ricorsi storici. Né basta. Giacché, se è vero, come è verissimo, che comprendere veramente una filosofia significa approfondirla, arricchirla e magari superarla, non è meno vero che approfondimenti, arricchimenti e superamenti del genere, nel filosofare che si fece, nel periodo che ci concerne, intorno alla storia, se ne noverarono in Italia molti più che non in Francia. E invero il fatto medesimo che la Scienza nuova era stata erroneamente presentata dal Michelet quale « philosophie de l’histoire » (v. sopra p. 529), era come un invitare i vichiani di Francia a fare appunto della filosofia della storia nel significato deteriore dell’espressione, ch’è come dire ad abbandonarsi anch’ essi, come gli hegeliani tedeschi, a costruzioni aprioristiche di storia universale passata, presente e futura. Di certo fantasticherie del genere non mancarono neppure in Italia. Tuttavia, poiché tra noi alle speculazioni filosofiche intorno alla storia si giunse attraverso una conoscenza diretta dell’ opera del Nostro, ch’era stato, al tempo medesimo, filosofo e filologo, e aveva difeso la filologia contro Tantifilologismo dei cartesiani, e s’era studiato, con l’interiorizzarle, di dare nuova impronta di vero all’autorità delle testimonianze, non poteva non avvenire che accanto a coloro che s’abbandonavano alle facilonerie dell’anzidetta filosofia della storia, sorgessero anche ingegni più seri e più meditativi, i quali, ponendo da canto ciò che