Bibliografia Vichiana II

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PREMESSA

il Cuoco e altri vichiani italiani dei primi del secolo decimonono avevano molto accarezzato e poi trasmesso alla generazione successiva l’immagine fantasiosa d’un Vico rivendicatore d’un italianismo nazionalisticamente inteso. Naturale, dunque, che a codesto più o meno immaginario Vico si rifacessero, lungo il nostro periodo, coloro che, assillati sino allo spasimo dal bisogno di dare agl’italiani coscienza del loro passato, si posero a fantasticare anch’essi un’antichissima sapienza o civiltà, che, sorta autoctonamente in terra italica, si sarebbe poi da questa sparsa in tutto il mondo circostante. Per altro, codesto particolare, intorno al quale giova rimandare a ciò che si dirà più appresso del Gioberti (paragrafo 1, numero 3) e del Mazzoldi (paragrafo 11, numero 5), serba valore quasi meramente episodico. Ben diversa importanza ha il fatto, messo già in rilievo dal Croce, che, « poiché nel moto politico del Risorgimento si seguirono, e in parte s’intrecciarono, due correnti, la neoguelfa e la radicale; e il simile accadde in quello filosofico con le due tendenze idealistico-cattolica e idealistico-razionale, rosminiano-giobertiana e brunianohegeliana; il Vico, cattolico e libero filosofo, si prestava assai bene, com’è facile intendere, alle opposte simpatie e alle opposte interpretazioni delle due scuole». Per tal modo si vennero formando di lui « due immagini diverse, entrambe storicamente giustificate, benché ima lo ritraesse piuttosto quale egli volle essere »,o magari sembrare, «e l’altra quale effettualmente fu». Il Vico dei cattolici - liberali era soprattutto « il Vico dei punti metafisici, il platonico, il mistico del Dio inconoscibile, il tradizionalista dei prologhi del Diritto universale, e perciò anche filosofo schiettamente italiano da contrapporre a quelli della restante Europa, figli della Riforma » ; il Vico dei razionalisti «1’ audace ed eretico scopritore della Scienza nuova, e perciò filosofo europeo da mettere nella compagnia di Cartesio e Spinoza, di Kant e di Hegel ». Senza dubbio, non risultò privo di frutti il culto che i Rosmini, i Gioberti, i Tommaseo e altri della stessa scuola cattolico-liberale consacrarono alla prima di codeste due immagini. Anzitutto concorsero in misura forse maggiore degli altri (e il Gioberti più di tutti) alla diffusione della fama del Vico in tutta Italia. E poi, rischiarati appunto dal Vico, gli storici appartenenti a quell’ indirizzo, nelle loro maggiori cittadelle, che furono Torino e Napoli, seppero compiere un’ « investi-