Bibliografia Vichiana II

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PREMESSA

gazione della storia sociale d’ltalia, trascurata dalla cosiddetta storiografia prammatica o falsata negli epigrammi dei quali essa scoppiettava, o giacente amorfa nella congerie dei documenti e delle dissertazioni antiquarie». Ma, d’altra parte, che gl’interpreti e critici neoguelfi del Vico « si soffermassero in una posizione insostenibile, riproducendo nella loro irresolutezza e incoerenza 1’ irresolutezza e incocrenza medesima del Vico», si tocca con mano osservando l'atteggiamento assunto verso 1’ autore della Scienza nuova dai cattolici non liberali. Di questi i più intelligenti e coerenti (e, insieme con essi, anche qualcuno dei principali campioni dei cattolico-liberali, per esempio il Balbo) continuarono a nutrire per lui la diffidente antipatia dei Finetti e degli altri critici cattolici del Settecento; e i meno intelligenti e coerenti lo cattolicizzarono a loro modo col rimettere in circolazione l’immagine, totalmente falsa, d’un Vico semplice ripetitore di filosofia scolastica a maggiore gloria di Santa Romana Chiesa. Comunque, appunto al tempo delle fatiche vichiane del Michelet, e segnatamente in Napoli, ma non senza sparsi riscontri anche in Lombardia, alcuni giovani studiosi, via via che s’impadronivano della filosofia germanica, e segnatamente di quella hegeliana, s’ andavano discostando sempre più dalla forma cristianizzata in cui i neogueifi esibivano la teoria del progresso, per accostarsi con pari ritmo alla forma panteistica che ne offrivano, per contrario, i cosiddetti razionalisti. E quando poi quei giovani, « rivolgendosi al loro passato, ritrovarono veramente nel Bruno, nel Campanella, in Galileo, nel Vico i prodromi della filosofia moderna», quello che in essi poteva anche essere stato iniziale neoguelfismo si convertì rapidamente « nell’altra tesi di un pensiero italiano, moderno ed europeo, che era stato represso e oppresso dalla Chiesa cattolica, e che ora ripigliava libero la sua strada, accompagnandosi al pensiero straniero ed eterodosso, e riconoscendo in questo un più giovane fratello, cresciuto in condizioni più propizie». Ch’è appunto l’indirizzo a cui appartennero segnatamente Bertrando Spaventa e Francesco de Sanctis, i quali « cominciarono a vedere con chiarezza le relazioni tra il Vico e il pensiero europeo anteriore e posteriore, e a convertire i semplici accenni e le vaghe impressioni di altri su tal proposito in interpretazioni scientifiche e giudizi determinati ». Altri chiarimenti preliminari sarebbero superflui. Tutt’al più,